Il direttore risponde. Memorabile quel fatto di vita a Parigi (Ma l’informazione dov’è finita?)
Caro direttore,
a Parigi, sabato c’ero anch’io. Quando sono entrata in quella sala, la “Salle Gaveau”, mi sono emozionata. Non è questione di essere sentimentali, ma – come ha ben annotato domenica su “Avvenire” il professor D’Agostino – ho avuto la percezione di una giornata «memorabile». In questa sala teatro tipicamente parigina eravamo seduti tutti vicini, donne e uomini di provenienze diverse, non solo di nazioni diverse, ma di culture diverse. Si respirava un’aria che si respira quando stanno avvenendo cose grandi. Eravamo tanti, organizzazione quasi perfetta, cartellini con il proprio nome e nazione, tanti giovani presenti ad ascoltare, pubblico protagonista che scandiva gli interventi con applausi spontanei mai scontati. La questione in gioco non è solo l’embrione umano: «Uno di noi». O, meglio, parte dall’embrione e abbraccia tutta la vita e le nuove forme di violenza contro la vita (commercio di organi, maternità surrogata, manipolazione genetica, figli assemblati). Come dice bene D’Agostino, oggi è richiesto «un impegno del tutto nuovo, che sappia andare al di là di espressioni di sdegno morale o religioso e che obblighi tutta la società civile a una presa d’atto fondamentale di carattere cognitivo attraverso un lavoro culturale faticoso. Simili questioni non possono essere lasciate alla sensibilità morale personale di ciascuno di noi, ma implicano mutamenti antropologici e sociali fondamentali che hanno un prevalente rilievo pubblico». Dal palco più volte è risuonata questa frase: noi non siamo persone “conservatrici”, noi siamo l’idea più progressista, più nuova, meno retrograda, retrogradi sono coloro che puntano a ridurre l’uomo e la donna a cosa, o questo accettano. Occorre risvegliare le coscienze addormentate e tenere deste e argomentate le ragioni delle nostre battaglie. Non ci si deve sentire sconfitti se passano certe leggi, l’unica sconfitta è smettere di difendere ciò in cui si crede. È una sfida affermativa che rafforza famiglia e istruzione per costruire una comunità civile che sia famiglia di famiglie. Commovente e memorabile. Grazie, grazie al movimento europeo “One of us”. Uno di noi.