Lo aveva detto con chiarezza,
appena tre giorni fa Raffaele Cantone. «Quello che abbiamo visto a Roma è solo la punta dell’iceberg». E il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione aveva lanciato una forte denuncia. «Il sistema burocratico della Capitale è fuori controllo». Ieri, purtroppo, l’amara conferma con l’arresto di due imprenditori e di un funzionario comunale. Storia di appalti stradali, di gare 'truccate', di tangenti, non particolarmente ricche ma evidentemente diffuse e consolidate. Un 'sistema' attivo ancora pochi giorni fa, visto che l’ultima 'busta', filmata dagli investigatori, è finita in tasca al funzionario lo scorso 27 settembre e che proprio i due imprenditori presunti corruttori si erano aggiudicati la prima gara relativa ai lavori per il Giubileo. Appalto bloccato martedì dal Comune dopo una circostanziata denuncia dell’Anac che aveva scoperto gravi irregolarità. A quasi un anno dallo scoppio di 'Mafia Capitale', a meno di un mese dall’inizio del processo a Buzzi e complici, la melma non abbandona la 'città eterna', che di eterno sembra avere la corruzione. Una melma che non si ferma neanche davanti all’atteso appuntamento della cristianità. Purtroppo riproponendo vecchi schemi, favoriti dalla fretta, dall’emergenza, dai ritardi. Roma è nel degrado, «la situazione delle strade è drammatica», ha denunciato ancora Cantone, incombe l’inizio dell’Anno Santo, si è in ritardo, si corre ai ripari e chi è più furbo e attrezzato torna, o continua, a provarci. E, infatti, i primi appalti finiti nel mirino sia della Procura sia dell’Anac riguardano la manutenzione stradale. Manutenzione, appunto, quell’ordinaria amministrazione che nella Capitale sembra così difficile se non impossibile. Così tutto diventa straordinario o emergenziale e la fretta, si sa, è la peggior consigliera, tranne per chi ci vuole fare, e sa fare, più o meno ricchi affari illegali. Sulla pelle dei migranti come scoperto dall’inchiesta 'Mafia Capitale', sui rifiuti, sul verde, sulla sanità. Ed è questo il primo punto da risolvere. Il secondo, strettamente collegato, riguarda l’insufficienza dei controlli. Perché è vero che l’appalto assegnato per il Giubileo è stato bloccato dal Comune, ma solo dopo una segnalazione dell’Anac. La conferma della necessità anche per la Capitale di un commissario straordinario per gli appalti come è stato per l’Expo, con regole speciali ma molto rigorose. A Milano a funzionato molto bene. Non si può dedicare meno attenzione a Roma. Il premier Renzi, due giorni fa nell’incontro a Palazzo Chigi con Cantone, di fronte al suo ennesimo allarme, ha assicurato di «volerci mettere direttamente la faccia». Bene. Lo faccia davvero e in fretta. Anche perché i ritardi sono gravissimi. Delle 31 gare previste per i lavori del Giubileo, 28 sono in corso di svolgimento e di queste 5, tra le quali quella ora bloccata, sono nella fase di aggiudicazione provvisoria. Serve dunque un’accelerazione, ma con rigore e trasparenza perché è evidente che corrotti e corruttori non si sono certo arresi. Poi, a bocce ferme, senza l’angoscia dell’emergenza, bisognerà mettere mano in modo preciso e realmente efficiente al sistema dei controlli. Non si può sempre attendere l’intervento di altri, siano Procure o Autorità. L’assessore alla legalità della Capitale, l’ex pm Alfonso Sabella, lamenta la scarsità di mezzi e uomini. Male. Contro corruzione e malaffare non si deve risparmiare, soprattutto per una vera prevenzione. Non bastano buone intenzioni e annunci. Servono norme e strumenti nuovi e efficaci. Perché davvero siamo solo «alla punta dell’iceberg». Il sistema corruttivo è ancora ben installato nei 'palazzi' delle istituzioni ed è ancora ampiamente praticato da settori dell’imprenditoria. È stata fustigata la politica corrotta, spesso a ragione, ma con una colpevole disattenzione per una burocrazia ancor più corrotta, stabile, nascosta, anonima e determinante. Ancora una volta emerge l’indissolubile legame tra legalità e moralità. Nei giorni scorsi i fan del sindaco Marino, all’annuncio delle sue dimissioni, avevano preconizzato il ritorno del malaffare, arrivando a parlare di un complotto ordito dagli affaristi. Non c’è bisogno di questa dietrologia. Purtroppo a Roma ancora una volta è emerso un sistema corruttivo incancrenito nel disinteresse o nella sottovalutazione di troppi. Che non ha neanche bisogno del vecchio detto mafioso 'calati iuncu ca passa la china'. È sempre lì, in un parcheggio a vendersi per la solita mazzetta o, in giro, a pretendere una qualche 'mancia'. Il pizzo alla romana.