L’acqua su Marte, dunque, sembra proprio che ci sia. È acqua stagionale, che si presenterebbe allo stato liquido quando la temperatura si alza. Sarebbe acqua salata (perclorati di magnesio e sodio) proveniente non si sa da dove. A testimoniarla, certi solchi generati dal liquido che vi scorrerebbe dentro come da noi in un ruscello. Bene, la notizia è questa (contemporanea, vedicaso, all’uscita del film
The Martian); succosa notizia perché si sa – la scienza non fa che ribadircelo – dove c’è acqua, c’è vita. Una vita, si capisce, che adesso è tutta da capire, tutta da scoprire, negli anni e decenni che verranno. Alla Nasa, si capisce, esultano. Oggi, esultano, come esultarono due mesi fa quando, nella costellazione del Cigno, fu scoperto l’esopianeta Kepler-452b, risultato quasi in tutto simile alla Terra, a cominciare dalla distanza del suo sole intorno a cui ruota in 382 giorni. Anche su Kepler-452b potrebbe esserci la vita. Battezzato Terra 2.0, dista da noi 1.400 anni luce, il che significa che alla velocità della luce (300mila km al secondo) occorrono 1.400 anni per raggiungerlo e alle velocità dei nostri veicoli spaziali, se ho fatto bene i conti, intorno ai 26 milioni di anni. Ma la distanza sembra che non conti. Inevitabile, invece, la domanda di fronte a questa scoperta e all’acqua marziana. "Se c’è altra vita nell’Universo, si potrà ancora credere in Dio?" Benché capziosa, la domanda non è priva di senso perché c’interroga sulla potenza e l’estensione di quel Dio che per noi è la prima delle tre persone della Trinità, ma è anche il Dio di Abramo e di Mosè ed è soprattutto il Dio Padre di cui tanto ci parla Gesù nel vangelo di Giovanni. Dio comunque di questa Terra e del Cielo che la riguarda. Ma allora tutte queste scoperte, tutti questi altri pianeti? Se, come si suppone, alcuni di essi ospitano la vita, c’è da capire di che vita si tratti: di germi, di batteri, di microbi o anche di animali? Non dimentichiamo che per oltre 160 milioni di anni (!) la Terra è stata dominata dai dinosauri. Su altri mondi, per quel che ne sappiamo, il discorso evolutivo potrebbe non essere arrivato all’uomo così come sarebbe accaduto sulla Terra se un meteorite (voluto da Dio?) non avesse, probabilmente, decretato la fine dei dinosauri e l’inizio di quel mondo dei mammiferi che un giorno avrebbe espresso l’essere umano. Oppure, si capisce, da altre parti, forse anche sul nostro vicino di casa Marte, tutto potrebbe essere arrivato a un ignoto, inesplorabile punto di evoluzione molto più avanzato del nostro per poi chissà come finire. Sia come sia, non è facile raffigurarsi un Dio cosmico che governi tutto l’Universo. Non è facile e credo che non sia neanche possibile, sicché il "non avrai altro Dio fuori di me" può oggi significare che di altri cieli con altri soli e altre terre non ci dobbiamo occupare perché non ci riguardano. Ma come si fa? Cercare è il nostro destino, il nostro merito, il nostro valore. Una volta, con un cielo che era il soffitto della Terra, tutto era più semplice, Dio era Dio del Sopra e del Sotto e credere veniva naturale. Oggi, con questi cieli senza termine, la nostra mente si esalta, il desiderio di conoscenza cresce, l’ambizione erompe. Non si è sentito uno scienziato ammettere che non ce la faremo mai ad "avvicinarci" a Kepler-452b, al contrario tutti sostengono che viviamo un meraviglioso nuovo inizio e che la scoperta della vita su altri corpi celesti è dietro l’angolo. Poi si parla di condotti spazio-temporali, di gallerie gravitazionali e di tutto ciò che permetterebbe, un giorno, di piegare lo spazio come un foglio fino a ritrovarsi nella galassia di Andromeda (a 2 milioni di anni luce) in un batter d’ali. Tempo e spazio dominati e riplasmati dall’uomo, forse annullati, certo addomesticati. Ma se le conquiste della mente umana non conoscono limite, lo stato della fede è alla prova. Una dura, difficile prova, e Gesù, è il caso di dire, sapeva quanto. Non si sarebbe chiesto, altrimenti, se al suo ritorno avrebbe trovato ancora fede sulla Terra.