Opinioni

La Chiesa ascolta i ragazzi di oggi. Marce e vie di marzo: la giovane cetra di David

Rosanna Virgili giovedì 29 marzo 2018

È una bella coincidenza quella di questi giorni tra l’inizio della primavera e i bagliori della Pasqua, così come tra l’incontro dei giovani a Roma, convenuti da tutti i continenti in vista del Sinodo, e la straordinaria marcia americana dei ragazzi per dire 'no' alle armi e ai loro fabbricanti. Son fatti, non parole come le tante che si stanno spendendo nel dopo-elezioni italiane... Son prodigi di Marzo – non di Maggio, questa volta... – che si manifestano con una forza solida, valida, consapevole e degna di grande attenzione. Un popolo di giovani che esce, si esprime e seppellisce in pochi gesti, sia la nostalgia pessimista dei 'vecchi' ribelli di un tempo, sia la rozzezza incapace di tanti attuali governanti. Che fa scoprire la miopia di chi pensa di poter dare o negare ai giovani il futuro e non capisce che saranno loro ad aprirlo e a navigarlo. Che sono già loro a preoccuparsi di custodire e coltivare la vita, mostrando di averne un senso sacro, di attribuirle un valore più grande di ogni spregevole profitto.

«March for our lives» (giocando sulla parola 'march' che dice sia 'marzo' che 'marcia'), hanno scandito «per le nostre vite» in ottocentomila in questa primavera del 2018, gremendo le strade di Whashington, rivendicando più che civilmente, una vera custodia dell’esistenza umana contro l’orrenda propaganda di una difesa armata. Semplici e chiare le loro parole, senza un briciolo di retorica: « Kids not guns ». Figli non armi. Bambini non bombe. Scuola non barbarie. Cultura non guerra. Mostrando l’evidenza dell’assoluto contrasto tra la violenza e la vita, tra le pistole e la morte. Creature e futuro, non ipocriti, mortiferi interessi di pochi. Non c’è molto da pensare, è così semplice! Il «di più viene dal maligno» avrebbe detto Qualcuno... Altrettanto netta e forte è stata la parola della Young Church, la 'Chiesa giovane', venuta a Roma, dal 19 marzo scorso fino alla mattina di domenica 25, per una maratona di dialogo, dibattito, confronto. «Abbiate il coraggio di dire tutto ciò che pensate e sentite», ha chiesto loro papa Francesco, nel saluto iniziale.

Gli hanno ubbidito mostrando una maturità, un orizzonte di pensiero e una capacità di riflessione veramente alti, peraltro condivisi tra cattolici e cristiani di altre confessioni, credenti di diverse religioni e non credenti. Un convegno importante, uno stile nuovo e, allo stesso tempo, memore della Chiesa degli inizi; una bella lezione di metodo da parte cattolica. Una gioventù che rigenera la Chiesa. Ragazze e ragazzi dall’Africa, dall’America, dall’Asia, dall’Europa, muniti di una conoscenza limpida e profonda dei problemi dei loro Paesi; di una sensibilità politica internazionale che li fa parlare di razzismo e di emigrazione; di un lucido discernimento sui temi della tecnologia, delle insidie della rete, delle possibili derive quali la pigrizia, l’isolamento, la perdita dell’esercizio della memoria e la contrazione della creatività. Voci libere e di denuncia rivolte, poi, specificamente alla Chiesa «che è ancora maschilista», dice una ragazza nigeriana. E si pone l’interrogativo, sempre irrisolto, della piena dignità della donna: «Quali sono i luoghi nei quali le donne sono in grado di prosperare all’interno della Chiesa e della società?», chiede il documento finale. Forte e senza remore la richiesta alla Chiesa innanzitutto di non essere moralista, ma di essere 'credibile'; ad ammettere e a usare tolleranza zero verso: «Gli abusi sessuali e una cattiva amministrazione della ricchezza e del potere». E un accorato appello rivolto agli adulti in generale, affinché assumano le loro responsabilità: prendetevi cura di noi, dateci le parole, i valori, le regole per costruire un mondo buono e spazioso per tutti.

Dopo cinquant’anni dai figli del complesso di Edipo, ora i figli di un disperso Odisseo, stanno iniziando il loro 2018. Bravi, ragazzi. Ci surclassate alla grande... e ci stupite. Sarete voi a liberarci dall’amarezza sterile in cui ci siamo avvolti, come in una supponente e viscosa tela di ragno. Farete come David alla corte di Saul, quando il re soffriva di depressione: suonerete la cetra per noi. Ci guarirete con la vostra musica.