Il direttore risponde. Malavita, il contagio e il rimedio
19 ottobre scorso, "Le storie" su Rai 3, programma condotto da Corrado Augias, ospite il direttore dell’Espresso Bruno Manfellotto, tema: corruzione e mafia al Nord. Argomento gravissimo di una realtà consolidata, trattato da persone rispettabili. Ciò che dava fastidio, però, era il tono e i sorrisi di compiacimento. Non si può negare che Vienna sia stata dal 1804 al 1918 con la sua affascinante storia, la capitale della Mitteleuropa e la sua egemonia culturale economica e amministrativa influenzò il nostro Settentrione, in particolare il Lombardo-Veneto. Sono uno di quelli che avrebbero preferito quella egemonia allo stile capzioso e bizantino oramai prevalente sulla nostra Penisola. Montanelli sosteneva che la "milanesità" è talmente forte da amalgamare tutto ciò che arriva a Milano. Non sono d’accordo, in tutto c’è un limite, superato l’equilibrio si arriva all’eccesso contrario. Altro che federalismo... Eppure don Luigi Sturzo, politico lungimirante del Sud, aveva idee chiare. L’idea di Sturzo era incentrata sul ruolo attivo delle comunità intermedie; lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero di denaro pubblico (le «tre male bestie della democrazia») si combattono facendo emergere dal basso le forze vive della nazione. Infine, il federalismo di Sturzo è proiettato verso la dimensione europea senza disconoscere il valore dell’identità nazionale. Credo che nessuno onestamente possa dire che cosa Sturzo avrebbe pensato oggi del federalismo, di sicuro non avrebbe urlato alla «dissolution» nazionale. La verità, temo è che la parte peggiore del Sud, oramai, sta compiendo il suo corso di "contagio". La dimostrazione provata è il degrado che sta prevalendo attualmente al Nord, sia in politica che nella vita civile.
Umberto Turati, Cabiate (Co)
Effettivamente, sia il tema della trasmissione tv che lei cita, di quasi tre mesi fa, sia una serie di recenti fatti di cronaca (nera) possono ben spiegare, caro signor Turati, le sue polemiche preoccupazioni sul «contagio» malavitoso che si sta registrando in tanta parte del nostro Paese. Potrei opporre al suo pessimismo, esempi di civismo e di strenua difesa della legalità che vengono proprio da Sud, fatti che inducono a speranza. Ma voglio dirle per prima cosa che anch’io penso che il problema della metastasi mafiosa nelle sue diverse forme sia tra le grandi priorità di questo passaggio della vita nazionale che sogno come una 'fase ricostituente'. Non penso, però, che tutto il male venga dal Sud infestato da cosche e clan. Certo, viene seriamente anche da lì. E dilaga in mezzo mondo (compresa la Mitteleuropa che lei evoca, e compresi i Paesi scandinavi). Ma quei signori del nostro Centro-Nord italiano che si mettono in affari con clan e cosche varie, perché pecunia non olet o, magari, perché i rifiuti tossici possono esser così fatti passare per 'monnezza' e smaltiti (si fa per dire) senza tanti problemi, sono dei 'contagiati' o degli 'untori? La peste mafiosa ha molte cause e in tanti cinicamente congiurano per diffonderla. Credo, come lei, che debba essere combattuta prima di tutto con una rigorosa e buona amministrazione della cosa pubblica (che può ben essere 'federale', nel senso della giusta e solidale valorizzazione dei territori) e con l’affermazione di quella cultura della trasparenza che è premessa essenziale della cultura della legalità. Rompiamo logiche e coltri di oscurità, viviamo, lavoriamo, facciamo impresa alla luce del sole. E diciamo grazie a quei giovani più impegnati per la legalità e lo sviluppo civile che, a Nord come a Sud, questo cercano di vivere e questo a noi adulti chiedono di affermare e testimoniare. C’è un’altra Italia che non è malata, che non è ignara del rischio, ma che conosce la 'cura' per il malaffare: vita buona, unità non solo retorica, leggi sagge, pulizia e saldezza morale. Bisogna farla crescere, anche e soprattutto educando le nuove generazioni. Bisogna stimarla e, la penso come lei caro e amareggiato amico, bisogna dotarla degli strumenti politici e amministrativi per vincere la sfida.