Se è vero che la malattia toglie all’uomo la sua libertà, di fronte alla persona afflitta da una malattia rara, questa libertà sembra subire un doppio attentato. All’incertezza per l’esito della malattia si assomma la difficoltà di individuare una cura. E almeno nel 30 per cento dei casi, il timore di un esito infausto. Eppure, anche in queste circostanze, anche quando la medicina sembra alzare bandiera bianca, anche quando il numero estremamente ridotto di casi rende poco vantaggioso per le case farmaceutiche avviare ricerche specifiche, le persone affette da una delle circa diecimila malattie rare, non devono perdere la speranza. Proprio come i medici di buona volontà che decidono di non arretrare di fronte all’apparente ragionevolezza del disarmo. La speranza contro ogni speranza nasce da una ricognizione in questo arcipelago di debolezza e di fragilità condotta nei giorni scorsi dai massimi esperti italiani e di cui parliamo diffusamente a pagina 12. Ebbene, in sette casi su dieci, la persona colpita da una malattia rara può essere curata con la prospettiva concreta di arrivare, se non alla guarigione, almeno alla possibilità di tenere sotto controllo quello strano e sfuggente avversario che gli è entrato in corpo. Un’ipotesi incoraggiante anche per quelle patologie che presentano pochissimi casi nel mondo. Si tratta di una piccola ma fondamentale svolta. L’avvio di un nuovo approccio anche culturale a queste derive di angoscia e di smarrimento, che non solo sgombra il campo da tanti luoghi comuni intorno alla presunta indefinibilità di queste patologie, ma che dona anche nuovo significato alla responsabilità del medico. Come per tutte le altre malattie, lo specialista che cura un paziente affetto da una malattia rara, deve non solo tracciare una diagnosi credibile, ma anche tentare di indicare una terapia, pur se le possibilità di trattare il problema appaiono circoscritte dalla mancanza di cure risolutive. Ora la tenacia dei nostri ricercatori abbinata all’inventiva di medici coraggiosi che, per esempio, hanno inserito la logica cooperativistica nel panorama della ricerca d’eccellenza, apre spiragli impensabili. E la persona affetta da una malattia rara scopre che quel corpo colpito da un nemico estraneo e straniero, può essere riconciliato da una nuova, doppia alleanza: una medicina che non si arrende e una rete solidale che rifiuta la logica della disperazione.