Resistenza nonviolenta alla guerra. Non è mai troppo tardi
Una colonna di 66 pulmini con 221 volontari italiani a bordo ha attraversato ieri il confine dell’Ucraina per portare una presenza di pace e di aiuto alle vittime della guerra. Un’immagine che evoca, in modo opposto, la colonna di carri armati russi che poco più di un mese fa ha dato inizio al conflitto. La colonna di carri armati ha portato distruzione, mentre la carovana della pace ha portato 35 tonnellate di aiuti umanitari consegnati agli ospedali e alle organizzazioni locali.
L’iniziativa ' Stop the war now' – Fermiamo ora la guerra – è nata dalla volontà di essere al fianco delle vittime. La volontà di dire, con la semplice presenza: 'Non possiamo fermare il conflitto ma non vi lasciamo soli'. È questo il cuore della condivisione, dell’essere fratelli. L’essenza stessa della solidarietà che ci spinge a fare qualsiasi cosa per le persone cui siamo legati. È la cosa più umana che abbiamo. In guerra, essendo uno scontro sul piano della forza, non vince chi ha ragione; vince chi è più forte. Per questo chi è più debole la subisce in maniera devastante. Sempre, in tutte le guerre.
Bambini, anziani, malati, donne, minoranze, disabili. Sembra banale dirlo: le persone scappano perché nella guerra non si vive. In queste settimane abbiamo visto milioni di persone scappare dai territori contesi, come se la guerra avesse dichiarato 'propri' quei territori togliendoli ai civili. Di fronte a questa catastrofe ci sono due scogli da evitare. Il primo è il senso di impotenza: non possiamo far nulla. L’altro è il senso di onnipotenza: possiamo fermare questa guerra. In mezzo a questi due scogli c’è uno spazio di azione enorme. Ed è in questo spazio che si inserisce l’iniziativa di pace che abbiamo assunto. Un’azione civile nonviolenta è la sola via valida per rispondere all’aggressione.
Diceva don Oreste Benzi che quando un popolo intero è compatto nella resistenza attiva organizzata, anche l’invasore o l’oppressore più terribile capirà; la storia lo dimostra. Coloro che sostengono la nonviolenza assoluta come strategia per difendersi sono stati sempre ridicolizzati o per lo meno compatiti come visionari. Se invece fosse stata fatta un’educazione di massa alla resistenza nonviolenta, l’umanità già da tempo avrebbe conosciuto l’era della pace. Non è mai troppo tardi per cominciare. Questo è un momento decisivo e l’Europa è al bivio: o diventa una super-potenza di pace oppure finisce.
La pace non è un valore in astratto ma è la vita della gente. Un’azione di pace in Ucraina è tanto più significativa in questo momento in cui il più grande complesso militare del mondo – la Nato – non può far nulla. Paralizzata dalla regola della deterrenza atomica. E sempre in quest’ottica appare più evidente il nonsenso della conferma solenne dell’aumento delle spese militari, deciso anche dal Governo e dal Parlamento italiani senza alcuna giustificazione, se non il paravento del 'lo ha detto la Nato'. E così si compie il paradosso: chi decide di inviare le armi rimane a casa, chi contesta questa scelta – anche noi – va nel mezzo del conflitto. La prima proposta era stata rivolta ai parlamentari.
Molti avevano aderito, ma sono stati poi dissuasi dalla Farnesina che ha sconsigliato loro di intraprendere la missione. Allora abbiamo ampliato la proposta alla società civile. Al momento in cui scriviamo hanno aderito all’iniziativa 159 organizzazioni da tutta Italia, dalla piccola associazione locale a quella che raccoglie milioni di persone, realtà di ispirazione religiosa e di natura laica. Ancora una volta l’Italia dimostra di possedere un inestimabile patrimonio. Un mondo di solidarietà trasversale alle appartenenze politiche o di fede, accomunate dal medesimo obiettivo: fermare la guerra. Adesso.
Presidente Comunità Papa Giovanni XXIII