Mai più case chiuse. La legge Merlin è da rafforzare
La Legge Merlin compie sessant’anni, eppure, a dispetto dell’età, riesce ancora a far parlare di sé. È certamente una delle leggi più note del nostro ordinamento, benché poco oggi si ricordi delle condizioni di vita delle donne che vivevano dentro le “case chiuse”. La Legge 75 fu approvata il 20 febbraio 1958 e sei mesi dopo vennero chiuse le «case di prostituzione». Essa non vieta la prostituzione in sé, ma chi la favorisce e la sfrutta. In particolare vieta «l’esercizio di case di prostituzione», come pure «quartieri e qualsiasi luogo chiuso dove si esercita la prostituzione»; punisce con la reclusione chi recluta, induce, favorisce o sfrutta «la prostituzione altrui».
Negli anni 50 del Novecento le donne che si prostituivano erano circa tremila, distribuite in oltre 700 case. Provenivano dalle aree rurali più povere d’Italia, erano tutte schedate, come una sorta di marchio che impediva loro la possibilità di rifarsi una vita. Inoltre questo marchio veniva ereditato anche dai figli, i quali erano discriminati non potendo accedere ad alcuni lavori. Da qui tra l’altro deriva l’offesa sui “figli di” ancora in voga oggi. Dovevano garantire un certo numero di rapporti sessuali quotidiani, con orari incalzanti. Le testimonianze delle prostitute colpivano per la miseria e per la durezza delle loro condizioni di vita. La senatrice Merlin conosceva bene la situazione in cui vivevano le «signorine», tanto che parlava apertamente della prostituzione come di una «schiavitù legalizzata della donna».
Ma Angelina Merlin, detta Lina, era davvero una donna dal carattere fuori del comune. Socialista, collaboratrice di Giacomo Matteotti, arrestata e mandata al confino durante il fascismo; partigiana durante la Resistenza, fu catturata dai nazisti, ma scappò. Fondò l’Unione delle donne italiane, principale sigla femminista del nostro Paese. Deputata all’Assemblea Costituente; a lei si deve l’introduzione dell’espressione «Tutti i cittadini... sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso...» nell’articolo 3, ponendo la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna. Fu anche la prima donna a essere eletta in Senato. Appena entrata in Parlamento, nel 1948, presentò il suo disegno di legge per l’abolizione delle case chiuse, che fu approvato dopo dieci anni di lotte. Anni in cui non solo venne attaccata dai molti uomini italiani, ma anche presa nei corridoi delle stesse aule parlamentari. Dopo che la legge fu approvata, fu talmente osteggiata nel suo stesso partito da non essere neppure ricandidata alle successive elezioni politiche. È rimasta famosa una sua massima rilasciata in un’intervista a una giovane Oriana Fallaci: «Ah! Questo Paese di viriloni che passan per gli uomini più dotati del mondo e poi non riescono a conquistare una donna da soli!».
Oggi il contesto sociale è notevolmente cambiato. A partire dagli anni 90, lo sviluppo dei flussi migratori da alcuni Paesi africani e dell’Est europeo ha reso “disponibile” una massa di donne giovanissime, anche minorenni, in condizioni di estrema vulnerabilità, consentendo alle organizzazioni criminali di gestire un mercato della prostituzione pervasivo e diversificato. Ed è esploso il fenomeno della prostituzione su strada. La prostituzione moderna fa rima con tratta di esseri umani, violenza, riduzione in schiavitù. A causa di questi cambiamenti, la Legge Merlin non risulta dunque più efficace per il raggiungimento del suo obiettivo di emancipazione della donna. Qualcuno vorrebbe riformarla abrogando il divieto che grava sull’«esercizio di case di prostituzione»,
Proprio per questo è bene dire chiaro che la proposta delle “case chiuse” oltre che profondamente ingiusta è vecchia, superata, obsoleta.
In Olanda, ad Amsterdam, in Germania, dove da decenni le “case chiuse” ci sono, stanno facendo marcia indietro: sia il mercato legale che quello illegale sono in mano al racket. Non è vero poi che le donne “pagano i contributi allo Stato”, ma il punto non è neppure questo. La prostituzione corrompe una società intera, perché distrugge la dignità della donna. La Legge Merlin va aggiornata alla luce del nuovo contesto sociale, ma sempre nella stessa direzione di tutela delle persone, in particolare delle donne. Per questo occorre ridurre sensibilmente il fenomeno colpendo anche la “domanda” e multando i “clienti”, che cooperano in modo decisivo con violentatori e sfruttatori alla compravendita di corpi umani.
*responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII