Opinioni

Le ragioni italiane, il torto da evitare. Migranti: mai contro i deboli

Marco Tarquinio giovedì 29 giugno 2017

Diciamolo chiaro: l’Italia ha ragione a reclamare sostegno vero dall’Unione Europea. Perché le migrazioni non sono solo una questione di soldi, ma di ingiustizia subita e di giustizia ricercata. E perché l’Italia non è la Turchia, con la quale la Ue ha deciso di concordare un cinico blocco "a pagamento" degli sfollati dalle macerie della Siria massacrata da una terribile guerra civile voluta e alimentata anche da potenze occidentali ed europee (Usa, Francia, Gran Bretagna…) e dai loro alleati arabi nello scacchiere mediorientale. L’Italia non è la Turchia perché è totalmente Europa, è parte dell’Unione. E sulla frontiera cruciale – anche morale e purtroppo troppo spesso mortale – delle migrazioni forzate sta salvando la faccia e l’anima di tutti gli Stati dell’Unione.

Per questo l’Italia deve alzare la voce, e far pesare il proprio sforzo e il proprio ruolo sino a ottenere ciò che è giusto e necessario nel "governo" dei flussi migratori di uomini, donne e bambini in corso dal Vicino Oriente e dall’Africa e dell’intervento sulle difficili e spesso atroci cause (guerra, dittature, sfruttamento, devastanti cambiamenti climatici) che li generano. E l’Unione Europea non può continuare ad affermare princìpi senza seguito concreto, non può insistere nel non assumersi responsabilità corali e davvero condivise nella gestione dell’accoglienza delle persone richiedenti asilo, non può mantenere chiusi gli occhi e aperti i portafogli nei rapporti con governi di Stati dove i diritti umani e le libertà fondamentali vengono sistematicamente violati, non può tardare ancora a prendere iniziative che smontino, il più possibile, e non per puro e occhiuto calcolo, il tragico motore delle migrazioni forzate.

Quello che l’Italia, invece, non può assolutamente fare è dichiarare la volontà di alzare idealmente catene davanti ai propri porti per impedire l’approdo di navi non italiane (o a esse assimilate) che siano state impegnate in operazioni di soccorso umanitario. Tradotto: l’Italia, neanche tatticamente, neanche con le migliori intenzioni di "pressione" su Bruxelles, può minacciare di chiudere la porta in faccia a una buona parte delle persone salvate nel Mediterraneo, quel terzo circa del totale che attualmente – dalla fine dell’operazione "Mare Nostrum" – viene soccorsa, pur sotto il controllo della nostra Guardia Costiera, da imbarcazioni che fanno capo a diverse organizzazioni non governative e da navi mercantili battenti bandiere extraeuropee. Ma ieri, purtroppo, proprio questa chiusura dei porti italiani è stata evocata. E un passo formale al cospetto dell’Europa comunitaria è stato compiuto. E la Commissione Ue, attraverso i suoi portavoce, ha colto l’occasione per passare dalla parte del torto (le inadempienze verso le persone in difficoltà e verso l’Italia) a quella della ragione (il dovere "senza se e senza ma" del soccorso).

È stato davvero un grave errore quello commesso dal Governo italiano. Perché non si può e non si deve annunciare ciò che non si può e non si deve fare. Ed è inimmaginabile che l’Italia sospenda, e dunque violi, regole che discendono direttamente non solo da princìpi cardine del diritto naturale, ma da precise norme di codici internazionali liberamente accettati e che non sono rinegoziabili unilateralmente da parte di Stati civili. E perché è ancora più inimmaginabile che l’Italia arrivi davvero a bloccare fuori dai propri porti o al limite delle proprie acque territoriali navi cariche di persone inermi appena strappate al mare, con il rischio di innescare al cospetto del mondo una crisi umanitaria ulteriore e di proporzioni imprevedibili, devastanti per chi ne fosse due volte vittima e per chi ne fosse, politicamente e umanamente, due volte responsabile.

È impensabile che l’Italia delle istituzioni repubblicane, e della buona e sensata gente che vive con civiltà e 'respira' cristiano, si carichi di un simile peso, capovolgendo la realtà di ciò che accade e accreditando la narrazione politico- mediatica dell’«invasione» che sta facendo impazzire pezzi di politica e di società. Noi italiani, oggi soprattutto noi, siamo coloro che salvano la vita a quanti rischiando tutto attraversano il Mediterraneo in condizioni proibitive. Noi italiani, praticamente solo noi in questi lunghi mesi, siamo coloro che stanno continuando ad accogliere nei nostri porti e in città e paesi i salvati in mare. E sempre noi italiani siamo stati, grazie all’iniziativa ecumenica che coinvolge la Comunità di Sant’Egidio e l’intera Chiesa cattolica italiana oltre alle Chiese protestanti e si sviluppa in collaborazione con i Ministeri degli Esteri e dell’Interno, gli iniziatori 'dal basso' dei «corridoi umanitari», cioè dell’unica seria alternativa al traffico dei mercanti di carne umana e di morte.

Tutto questo è vero, e conta. Quando, prima di quanto si creda, l’umanità farà i conti con la storia del nostro tempo difficile, con gli ignavi e coi complici delle guerre, degli sfruttamenti, delle persecuzioni religiose e politiche che sradicano gli esseri umani dalle terre dove sono nati e dove vorrebbero restare, sarà specialmente grazie all’Italia e agli italiani che l’Europa avrà una qualche possibilità di non vedersi rinfacciata, come una macina appesa al collo, la propria immane parte di responsabilità di fronte a una tragedia globale che quasi solo papa Francesco, da uomo di Dio e figlio di migranti, ha saputo vedere e chiederci di vedere secondo giustizia e verità.

Per questo servono iniziative e regole per ridare umanità, dignità e sicurezza all’immigrazione verso l’Italia e l’Europa. Umanità, dignità e sicurezza che riguardano accolti e accoglienti, gli italiani ed europei per nascita e tradizione tanto quanto i migranti alla porta, da europei per aspirazione. Serve una risposta pubblica e comune, e che non comincia di certo dalle 'catene in porto'. La logica dei muri d’acqua e di terra, delle barriere di filo spinato, dei respingimenti ciechi in mare, della retorica odiosa sulla 'clandestinità' di altri esseri umani, della 'privatizzazione' dei flussi abbandonati nelle mani dei trafficanti di esseri umani, della pazzesca contrapposizione tra poveri stranieri e poveri italiani ed europei, della confusione deliberata, insistita e alla lunga, essa sì, esplosiva tra profughi e terroristi, ci sta portando in un vicolo cieco e a un clima di conflitto che entusiasma solo i signori della paura e gli strateghi del terrore. Da questo disastroso piano inclinato, bisogna uscire ora. L’Italia ha titoli per dare l’esempio e reclamare la svolta nell’Unione. Non li getti via. L’Italia ha la forza per farlo. Non la usi contro i deboli.