Opinioni

Analisi. La pancia del Paese, il presidente sconfitto: cosa è successo in Francia

Andrea Lavazza lunedì 1 luglio 2024

Emmanuel Macron ha perso, per ora - e difficilmente gli basterà un’altra settimana per invertire la tendenza -, la sua scommessa più ardita lanciata la sera del 9 giugno, a urne europee appena chiuse. Sciogliendo l’Assemblea nazionale e indicendo elezioni anticipate per il 30 giugno sperava di mettere ancora una volta nell’angolo il Rassemblement national e di dividere la sinistra, per mantenere una maggioranza debole ma rinnovata per i prossimi tre anni.

Invece, la destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella ha addirittura migliorato il risultato del voto per il Parlamento di Strasburgo, superando il 33% (ma insieme all’Unione di estrema destra) e, soprattutto, divenendo per la prima volta nella storia di Francia il partito maggioritario alle Legislative. In linea con le previsioni il Nouveau front populaire, che raggiunge il 28% ed Ensemble! del capo dell’Eliseo fermo al 20%, con i Républicans divisi sulle alleanze in frenata. Se per il RN ci sono una quarantina di eletti al primo turno, con oltre il 50% dei votanti, è chiaro che diventa decisivo il secondo turno di domenica prossima, per il quale sono già scattati gli appelli e la mobilitazione.

Che fosse una chiamata ai seggi importante lo si è capito dalla partecipazione, risalita al 65%, la più alta dal 2002. E per il 7 luglio ci si può attendere un’affluenza ancora più alta data la posta in gioco. Saranno infatti i ballottaggi, che possono essere anche a tre se i candidati nelle singole circoscrizioni hanno superato il 12,5% dei consensi, a stabilire se il Rassemblement national riuscirà a raggiungere la maggioranza assoluta di 290 seggi per governare con primo ministro il 28enne Bardella.

A Parigi, finite le procedure elettorali, manifestazioni contro l’affermazione di RN, mentre nel Paese profondo si è celebrato il successo di Le Pen e si inneggia al cambiamento. È proprio questa la chiave di una consultazione che ha visto al centro della campagna il potere d’acquisto, i migranti e la criminalità. Se il tema economico è sempre quello prevalente, questa volta ha finito con l’essere interpretato di pancia, dato che il salario minimo è salito costantemente con Macron e lavoratori e pensionati non hanno perso tanto potere d’acquisto sebbene, come spesso accade, la percezione dell’inflazione sia peggiore della realtà.

Ma la vera partita s’è giocata sugli stranieri e sui francesi di origine straniera, quelli che Bardella vuole fuori da alcuni ruoli pubblici e professionali perché non sarebbero completamente fedeli alla nazione. Facile fare poi l’uguaglianza reati in salita-responsabilità di chi arriva dall’estero (con un modesto conforto delle statistiche in questo caso). La Francia dei piccoli centri non crede più al progetto macroniano illuminista, europeista, globalista. Ma non ci sono solo i gilet gialli che non vogliono le rigorose politiche ambientaliste o i meno istruiti che non vedono di buon occhio i laureati della capitale, anche parte del grande capitale si è schierato con il Rassemblement national, forse fiutando il vento, forse alla ricerca di più liberismo o sperando che il nuovo esecutivo abbandoni i progetti pro-Ucraina capaci di mettere il Paese in difficoltà sul fronte internazionale.

Domenica prossima si avrà il responso definitivo. E non sarà roseo per la democrazia francese, secondo la maggior parte degli osservatori. Se funzionerà la desistenza nel “blocco repubblicano” (Ensemble! e Fronte popolare), in tutti i collegi si ritireranno i candidati più deboli e i rispettivi voti confluiranno su quello rimanente, in grado di sconfiggere l’esponente di RN. Se la sinistra sembra disposta a farlo massicciamente, ci sono già distinguo nello schieramento moderato che chiede di fermare Le Pen ma non ama neppure La France insoumise di Mélenchon, componente rilevante del campo largo di sinistra, accusata di antisemitismo e posizioni radicali. Gli ex gollisti non daranno invece indicazioni di voto.

Secondo i sondaggisti, Bardella farà fatica a raggiungere alla fine il numero magico per entrare a Palazzo Matignon, ma nulla può essere escluso al momento. Se invece l’alleanza di blocco contro RN avrà successo, si avrà una situazione di stallo, in cui sarebbe molto difficile formare un governo di coalizione. L’alternativa, come ha scritto il quotidiano moderato Le Figaro nel suo editoriale è tra l’avventurismo e il caos istituzionale. Ci sono ormai solo sei giorni per spingere in una direzione o l’altra. In ogni caso, la scommessa di Macron ha un’alta probabilità di essere perdente, con conseguenze non solo sulla Francia ma anche per gli equilibri europei a Bruxelles e per effetto trascinamento in altri Paesi del continente.