Il ministro conosce i rischi. Ma non si usi lo sport per rilanciare il "gioco"
Caro direttore,
scrivo a lei e mi rivolgo al ministro Vincenzo Spadafora. È giusto che lo sport sia aiutato a ripartire dopo il lockdown per la pandemia da coronavirus. Non posso tuttavia fare a meno di sottolineare quanto stridente sia l’idea di “sostenere” società professionistiche, che pagano alcuni campioni con cifre assolutamente scioccanti. Nei milionari bilanci delle società calcistiche di Serie A, oltre la metà delle uscite è infatti dovuto alla retribuzione dei calciatori, che in alcuni casi raggiungono cifre a sette zeri. Vedo per contro che il premio economico previsto per il personale sanitario che ha sostenuto “in trincea“ l’offensiva del Covid– 19 stenta a trovare coperture. Voglio credere che quei soldi non mancheranno all’appello: parliamo di persone che hanno sacrificando la salute e a volte la vita per il bene di tutti noi. Solo a quel punto avrà senso parlare di sostegno allo sport, e soprattutto a partire da quello dilettantistico e amatoriale che, più di ogni altro, aiuta i ragazzi a crescere, a sviluppare valori autentici di socialità e di condivisione. Sono anche d’accordo che si aumenti la tassazione delle scommesse e questo non solo perché queste pratiche sono portatrici di “valori” molto diversi da quelli sportivi: lucro, fortuna, miraggio della sorte non si conciliano con la fatica, il lavoro, la solidarietà che si imparano sui campi da gioco (quello vero). Nel mercato dell’azzardo le scommesse sportive sono tra i settori in forte espansione e, purtroppo, sono anche la forma più diffusa tra i minorenni. Una maggiore tassazione ha dunque buone ragioni, purché con due limpidi obiettivi.
Il primo è la disincentivazione di questo mercato, a tutela della salute e del benessere dei cittadini. Ho personalmente raccolto testimonianze di come durante il lockdown chi puntava in modo compulsivo abbia trovato pace (assieme alla propria famiglia). Ma, anche senza toccare le ampie aree di dipendenza conclamata o strisciante, è doveroso chiederci, in un momento tanto duro dove debbano essere indirizzate le impoverite risorse delle famiglie italiane. Tanto più che l’azzardo è soggetto alla cosiddetta “riserva statale” ed è, dunque, lo Stato a doverne modulare la gestione, nel rispetto dell’articolo 41 della Costituzione. Il secondo obiettivo deve essere compensativo: posto che la salute non è “rimborsabile”, è logico e necessario prevedere che dal pericoloso mercato dell’azzardo siano prelevate risorse per affrontare i danni provocati (un po’ come con la carbon tax: più inquini – nei limiti di legge! – più paghi). Ecco perché, a mio avviso, la tassazione dovrebbe confluire nella fiscalità generale e non acquisire la valenza di “tassa di scopo”. Il calcio dilettantistico va finanziato dallo Stato, non dall’azzardo. E questo anche per evitare di offrire una irreale immagine “virtuosa” dell’azzardo stesso. Abbiamo già visto le conseguenze di simili scelte con il Decreto Terremoto che doveva finanziare la ricostruzione dell’Aquila attraverso l’azzardo: il territorio non è stato ricostruito ed è diventato uno dei più devastati dall’azzardo stesso. Infine, far dipendere il finanziamento dell’attività dilettantistica dal volume di puntate, creerebbe una duplice “dipendenza” e rischierebbe di rendere “intoccabile” l’azzardo.
Allarma, infine, visto il pressing incessante, la prospettiva di un possibile cedimento nel divieto di pubblicità (magari più avanti, con governi diversi dall’attuale). Quel divieto è una pietra miliare nel cammino della nostra società ed è una grande dimostrazione di ciò che di buono può la politica. È grave che si tenti di far cambiare visione e paradigmi con la scusa che questo sarebbe imposto di fatto da un virus. La scelta di frenare la propaganda dell’azzardo, che dilagava proprio attraverso lo sport, è stata un grande segno di responsabilità e di lungimiranza. E ne fu protagonista proprio l’attuale ministro dello Sport Spadafora. Lo ricordo ai lettori di “Avvenire” e, con stima e fiducia, lo ricordo soprattutto a lui.
Senatore M5s