Il direttore risponde. Ma non ci sono solo «gelate» sull’altra riva del Mediterraneo
Gentile direttore,
continuano a comparire (da un estremo politico-culturale all’altro) scritti che si compiacciono delle «primavere arabe e islamiche». Ammesso che siano mai esistite (nella mente di qualcuno può anche darsi), le situazioni in atto e le scie di disastri lasciate da questi eventi mi sembrano davvero portare a conclusioni che poco hanno a che fare con la primavera. Se l’intenzione di sostituire dei dittatori con delle democrazie può essere nobile, non si può negare che quello che sta avvenendo costituisca il classico passaggio dalla padella alla brace. Come per l’Egitto, in parecchi Paesi si passa da un uomo forte a un altro, da una tolleranza pelosa a un’intolleranza conclamata, da una parvenza di controllo dei gruppi più estremisti all’incremento della loro presenza, da interventi armati (attuali o potenziali) per limitare i danni a situazioni incontrollabili a medio e lungo termine. Farebbe piacere sapere quale politica sia perseguita dall’Occidente nel complesso. Nel caso dell’Italia, questo è aggravato dalla debolezza politica endemica e dalla propensione a restare al traino di altri.
Aurelio Cereti, Faenza (Ra)