Opinioni

La bimba inglese selezionata «perfetta». Ma nascere a scapito di altri non sarà domani una condanna?

Assuntina Morresi sabato 10 gennaio 2009
Dopo tanti annunci è nata, qualche giorno fa – e sta bene – la bambina senza il gene che con elevate probabilità le avrebbe fatto sviluppare, da adulta, un tipo di cancro al seno. Non si tratta di una nuova terapia, non è stato tolto un gene difettoso: fra tanti embrioni concepiti in provetta sono stati scartati quelli malati, con l’alterazione genetica, e selezionato il sano. Che nasca un bambino che sta bene è sempre una buona notizia. Ed è giusto spiegare che da questo punto di vista la nuova nata non è molto diversa da tutte le altre coetanee che vengono al mondo senza problemi: la sua salute sarà il risultato di quell’intreccio di caratteristiche fisiche e qualità ambientali come per ognuno di noi, dalle quali dipenderà anche la possibilità o meno di ammalarsi di molti altri tipi di tumori, anche quelli al seno che non hanno origine genetica o che non dipendono solamente dall’alterazione di quell’unico gene. La piccola potrebbe invece avere qualche problema in più per il fatto di essere stata concepita in vitro e sottoposta a diagnosi preimpianto – quando era solo un embrione di otto cellule gliene sono state tolte una o due per verificare la presenza o meno del gene incriminato –, ma ci auguriamo sinceramente che questo non avvenga, che il clamore suscitato agli albori della sua esistenza si plachi, e la sua vita prosegua normalmente. Chissà se saprà mai come è nata. Forse coglierà qualche frase qua e là, negli anni, e magari da grande leggerà su vecchi ritagli di giornale le polemiche intorno alla prima bambina selezionata senza quella particolare alterazione genetica. Può essere che allora le vengano dei dubbi, che diventi curiosa, e forse chieda ai suoi genitori se ne sanno qualcosa, se per caso c’entrava lei. O forse le racconteranno tutto fin dall’inizio. E chissà cosa penserà quando suo padre e sua madre le spiegheranno che l’hanno scelta fra altri embrioni, proprio perché volevano escludere anche la possibilità che si ammalasse di quel particolare tipo di malattia – un tumore di quella specifica origine genetica, giusto quello, di cui avevano paura. L’hanno scelta per il suo Dna. Non ne avrebbero voluta un’altra, con un Dna difettoso. Il suo – quando l’hanno scelta – di difetti non ne aveva. Almeno per quanto se ne sapeva quando è stata concepita in laboratorio. E chissà cosa penserà quando incontrerà – come è capitato a tutti noi almeno una volta nella vita – una malata di cancro al seno: magari penserà che quella poteva essere sua sorella, la sorella mai nata, quella scartata all’inizio perché era difettata, perché forse, da grande, avrebbe potuto ammalarsi, e di una malattia che si può curare, dalla quale guariscono migliaia di donne, in percentuali sempre maggiori. Forse si sentirà molto fortunata, oppure avrà ancora più paura del terribile male, o magari si sentirà in colpa, perché lei in qualche modo ce l’ha fatta, è stata scelta perché era sana e gli altri no, una specie di sindrome del sopravvissuto. O si sentirà sola, perché quella sorella non l’ha mai conosciuta... E chissà cosa penseranno i suoi genitori, quando lei non sarà come loro si aspettano che sia: i figli, si sa, sono sempre diversi da come li vorresti. Quei genitori che hanno investito tanto del loro tempo, delle loro energie fisiche e mentali, e forse anche del loro denaro, perché lei avesse un futuro senza l’ombra della malattia. O meglio: perché nel loro futuro – nel futuro di quel padre e di quella madre – una malattia così pericolosa non entrasse. Difficile immaginare cosa potrebbero pensare quando invece qualche pericolo nella loro vita entrerà, come è inevitabile che sia. Essere nati perché apparentemente in salute, figli a condizione, sotto ipoteca, voluti e scelti solo se sani, mentre fratelli e sorelle sono stati scartati, eliminati perché forse si sarebbero ammalati (e si sarebbero potuti curare). Non potrebbe essere questa la peggiore condanna?