La conferma di Macron. Ma il futuro d'Europa non sta nel duello global-populista
Poteva bastare una singola elezione nazionale per minare alle fondamenta l’edificio europeo? Su questa incognita si è giocato il voto per le presidenziali in Francia, e la netta vittoria di Emmanuel Macron impedisce – fortunatamente, secondo molti – di verificare che cosa sarebbe successo a Bruxelles con Marine Le Pen nuova inquilina dell’Eliseo. Di certo, la componente del futuro Ue ha pesato nei due turni (e nel ballottaggio, in particolare), ma vista dall’interno la competizione è stata segnata da una linea di faglia che caratterizza sempre di più la collocazione delle forze politiche in molti Paesi occidentali. Con una grande semplificazione, al tramonto della contrapposizione netta tra destra e sinistra (libertà vs uguaglianza; mercato vs Stato; atlantismo vs internazionalismo...), la divisione sembra essere diventata tra globalismo e sovranismo, anche se questi due termini si connotano negativamente agli occhi dei rispettivi avversari e nessuno tende ad attribuirseli volentieri.
A Parigi, la candidata del Rassemblement National incarna pienamente il profilo della galassia sovranista. L’ostilità a delegare all’Europa la maggior parte delle decisioni politiche rilevanti e la superiorità della normativa Ue su quella nazionale è certamente l’elemento più distinguibile e comune a tanti sovranisti d’occidente e d’oriente nel Vecchio Continente. Ma a caratterizzare il sovranismo è anche la volontà di mettere un repentino e drastico freno all’immigrazione straniera, la propensione a un individualismo di gruppo che si manifesta nell’esaltazione di un’identità culturale specifica e ne richiamo a un popolo idealizzato come l’insieme di coloro che sono trascurati, quando non apertamente disprezzati, dalle cosiddette élites.
Oltre a essere il contraltare delle emergenti tendenze localiste o apertamente nazionaliste, il globalismo si segnala per l’avallo al percorso di maggiore unificazione europea, la fiducia nella meritocrazia, l’individualismo personale e anche la maggiore apertura alle migrazioni. In questo senso, Macron rappresenta perfettamente il globalista razionale, tecnocratico e seguace della scienza come metodo che, secondo i sondaggi, il 63% degli elettori non vorrebbe vedere vincente con il suo partito alle legislative del prossimo giugno, ma che il 58% dei votanti ha scelto come argine a all’estrema destra di Le Pen. Non a caso è stata alta l’astensione secondo i canoni francesi (28%) e numerose le schede bianche o nulle (9% di chi è comunque andato ai seggi).
Così inquadrate le elezioni d’Oltralpe indicano che poco è cambiato nelle tendenze già emerse da anni, malgrado l’epidemia di Covid-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Le simpatie per Putin della rivale di Macron sono passate presto in secondo piano a favore dei temi ritenuti più caldi dai cittadini. Per molti osservatori esterni, è stato un po’ straniante, infatti, che il faccia a faccia televisivo tra gli sfidanti alla vigilia del secondo turno si aprisse con una domanda sul potere d’acquisto e non sulla feroce guerra che promette di modificare molti equilibri e minaccia di estendersi pericolosamente vicino a noi.
Il presidente rieletto si è detto consapevole di non essere amato da tutti e ha fatto propositi di riconciliare un Paese diviso e diffidente verso i ceti professionali cittadini che l’hanno portato al successo. Ma su questo punto c’è da dubitare che sia possibile nel breve periodo e che sia nell’interesse reale di Macron. La separazione fra sensibilità e costellazioni di valori (compresi temi bioetici, accoglienza e giustizia sociale) è frastagliata e attraversa gli schieramenti politici (i cattolici sarebbero in Francia al 40% con i sovranisti). Finché il sistema elettorale maggioritario porta al duello finale una candidata che non può aspirare realisticamente alla vittoria, non c’è un vero stimolo ad andare incontro ad alcune legittime istanze che ella rappresenta. D’altra parte, fare proprie posture sovraniste per sintonizzarsi sullo 'spirito dei tempi' non paga: è sempre meglio l’originale della copia.
Una lezione che viene dalla Francia è che la Ue non piace a chi non la frequenta e che i tecnici e gli esperti suscitano avversione quando esercitano un paternalismo immotivato. C’è da ridurre la distanza tra globalisti e sovranisti, per ridare alla politica una dimensione popolare, per riportare il confronto e l’alternanza di governo su un terreno diverso, meno divisivo ed emotivo – perché ogni voto non sia una possibile resa dei conti finale. E questa resta la principale sfida anche per l’Italia e un passaggio essenziale sulla strada verso gli Stati Uniti d’Europa.