Commissione Segre. Lotta alle discriminazioni buone notizie e strada da fare
Siamo assuefatti alle cattive notizie in materia di tutela dei diritti dei più deboli, e ancora di più quando si tratta di immigrati e rifugiati. Arriva invece dal Senato una buona notizia: giovedì l’assemblea ha approvato col voto unanime dei 157 presenti il rinnovo della Commissione per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza, proposta e guidata nella scorsa legislatura dalla senatrice a vita Liliana Segre. Allora i partiti di destra si erano astenuti, ora invece, quando avevano a disposizione i voti per affossare il rinnovo, hanno aderito alla proposta.
Con la consueta nobiltà d’animo, Liliana Segre ha subito chiarito che la sua conferma alla presidenza è un fatto secondario, ciò che davvero conta è la prosecuzione dei lavori della Commissione. Qui però arriva la sfida vera e inevitabile: il fatto politico e simbolico del rinnovo della Commissione richiede di essere tradotto in azioni e scelte istituzionali. Lottare contro le discriminazioni è difficile, perché le azioni discriminatorie si annidano nella libertà di parola, nelle scelte dei datori di lavoro in fatto di assunzioni e promozioni, nelle decisioni dei proprietari di alloggio sulla controparte con cui stipulare un contratto di affitto, sulle preferenze soggettive nell’ambito delle relazioni amicali e delle semplici frequentazioni.
L’equilibrio tra tutela delle libertà personali e contrasto delle discriminazioni è una sfida per le società democratiche. Tra le discriminazioni, quelle su basi etniche o nazionali rimangono diffuse e gravi. L’Unione Europea si è impegnata seriamente su questo terreno, estendendo vari diritti sociali a tutti i lavoratori immigrati con un minimo di stabilità e introducendo il concetto di discriminazione implicita, sull’esempio anglosassone. Se in un’azienda sono occupati molti lavoratori immigrati, ma il loro numero cala drasticamente man mano che si sale nei livelli gerarchici, sorge il dubbio che qualcosa non funzioni bene nella selezione dei quadri intermedi e superiori.
Se i libri di testo adottati nelle scuole pubblicano fotografie e disegni in cui le persone hanno soltanto l’aspetto fisico della popolazione maggioritaria, o in cui le popolazioni minoritarie sono rappresentate in modo stereotipato o addirittura ostile, ci si può domandare se non si stia insinuando una forma di discriminazione. Se nei telegiornali, anche nelle reti Rai, la selezione dei conduttori non tiene conto della diversità degli spettatori, bisogna interrogarsi sull’equità di questa prassi. L’Italia non dispone di rilevazioni sistematiche, tempestive e affidabili sui casi di razzismo e discriminazione. Si è dotata di un Ufficio nazionale anti discriminazione (Unar), su impulso delle istituzioni europee, ma lo ha posto alle dipendenze della presidenza del Consiglio, e non lo ha dotato di poteri sanzionatori e di risarcimento delle vittime.
Al riguardo, l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, con il supporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro in occasione della sua ultima missione in Italia (2021), ha riconosciuto che il nostro Paese dispone di un’estesa legislazione in materia di economia e diritti umani. Reiterando precedenti rilievi, il Gruppo di lavoro ha, però, stigmatizzato il fatto che l’Italia è uno dei pochi Stati dell’Unione Europea ancora privo di un’istituzione nazionale per i diritti umani «robusta e indipendente», invitando Governo e Parlamento a porre rimedio a questa lacuna nel più breve tempo possibile. Nulla tuttavia è ancora cambiato.
Le battaglie contro le discriminazioni operate da molte amministrazioni locali nei confronti degli immigrati, come nel caso delle mense scolastiche a Lodi alcuni anni fa, o dei buoni-libro per gli studenti del Veneto, o dell’accesso all’edilizia sociale in varie Regioni, sono state condotte dall’Asgi – l’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione – su base volontaria, non da un’istituzione pubblica di garanzia come dovrebbe e potrebbe essere appunto l’Unar. Il rinnovo della Commissione Segre con voto un anime è dunque un segnale positivo, ma dovrebbe aprire la strada a incisive innovazioni dell’impegno dello Repubblica nella lotta alle discriminazioni. Non siamo all’anno zero, ma molta strada rimane da fare.