Lettere. L'orrore di Latina, le altre tragedie e quell'ostinato «non» voler vedere
Caro Avvenire,
l’ultima tragedia familiare è avvenuta a Latina dove una giovane mamma alle 5 del mattino esce per recarsi al lavoro lasciando nel posto più sicuro, cioè a letto nella loro cameretta, due figlie di 13 e 7 anni. Ad aspettarla il marito o ex marito ed ecco la tragedia che tutti ormai conosciamo con il drammatico epilogo e la morte delle bambine innocenti e di quello che doveva proteggerle per due motivi: era il loro papà ed era un carabiniere. Una figura che da sempre abbiniamo alla protezione e alla sicurezza di qualcuno o di qualcosa. Cosa sta succedendo ormai da troppo tempo? Sicuramente la crisi della famiglia è la prima cosa che ti viene in mente. Oggi una anziana signora mi ha telefonato per raccontarmi il fatto di Latina e per dirmi che alla veneranda età di quasi 90 anni non riesce a dimenticare i litigi e le violenze del padre ai danni della madre, vissuti in famiglia da ragazza, fino alla separazione dei genitori circa 60 anni fa e ha aggiunto: «L’ansia di quei momenti non mi ha mai abbandonato e credo che me la porterò nella tomba». In occasione dell’8 marzo propongo di mandare un pensiero virtuale a queste donne vittime innocenti della violenza maschile.
Tragedie come quella di Latina sembrano maturare dentro una bolla avulsa dalla realtà. Tutti sanno di un forte disagio familiare: ci sono stati degli esposti e delle visite mediche; sanno in Questura, sanno i Carabinieri, e gli assistenti sociali, e gli amici della coppia. Antonietta Gargiulo è già stata schiaffeggiata in pubblico dal marito, si lamenta di minacce e di stalking. Soprattutto, teme per le sue bambine, Martina e Alessia. L’udienza per la separazione è il 29 marzo e lei vive nell’angoscia, come avvertendo che il marito non tollererà che la fine del matrimonio sia messa nero su bianco. Possiamo immaginarci come trema, Antonietta, a ogni squillo del telefono, a ogni trillo del campanello alla porta. Lui si apposta, l’aspetta, la segue. Lei sa che è armato, come ogni carabiniere. E le bambine, ormai terrorizzate da quel padre un tempo amato, anche loro sussultano quando qualcuno bussa, quando dei passi si avvicinano, per strada. Le bambine, sono il costante pensiero di Antonietta, sono le sue ultime parole prima di perdere conoscenza, già a terra nel sangue: «Fermatelo. Le bambine ...». Ma già lui le ha preso le chiavi dalla borsa, e sale le scale. La rabbia dell’abbandono lo travolge e lo acceca. Annientare, vuole annientare tutto e tutti, ora, di quella sua famiglia fallita. Se non può essere sua, non sarà di nessuno. Non ha esitazioni, spara: alla maggiore, e alla piccola, che dorme nel lettone, come accade quando i bambini chiedono protezione. Eppure, era noto che quella donna aveva paura, che era inseguita e minacciata. Da un uomo armato. Allora come è possibile che la tragedia, annunciata, si sia svolta senza che niente e nessuno la impedisse? Forse accade, fra coloro che stanno attorno a storie come questa, un ostinato 'non' volere credere. Non voler credere che la violenza possa esplodere in quella famiglia sorridente sul profilo Facebook, in quella casa di lavoratori, di cristiani, lui uomo della legge, lei catechista in parrocchia. Forse chi è attorno si dice che tutti prima o poi litigano, che è normale; e non vogliono vedere la ferocia che cresce nell’uomo, mentre il rifiuto della moglie esasperata si fa più fermo e irrimediabile. Nemmeno gli psicologi che visitano Capasso colgono il salire di quell’onda di male. Lui la dissimula bene, tanto che riesce nel frattempo a lavorare regolarmente. E la pistola di ordinanza, nessuno gliela toglie: ha dei problemi con la moglie, pensano, sono in crisi, cose che accadono a tutti. 149 donne assassinate nel 2016, 117 nel 2017. Nella maggior parte dei casi, delitti in famiglia. Non improvvisi, ma annunciati da un crescendo di violenze e minacce. Attorno, qualcuno sa. Ma non può credere che si arrivi a quel punto. Non a quei due, che hanno figli, che si volevano bene. In un susseguirsi di violenze che sono ormai un allarme sociale ha un gran peso questa bolla di incredulità che circonda le donne maltrattate. Come un voler chiudere gli occhi. Antonietta Gargiulo è in prognosi riservata, e potrebbe salvarsi. Il suo nome non figurerà allora nell’elenco dei femminicidi del 2018. Eppure una donna a cui sono state uccise due figlie bambine è forse peggio che morta. La vita stessa, le hanno strappato dal petto. Ma, quanti sapevano... Forse solo spezzando questa collettiva passività si potrà frenare la catena delle stragi fra le mura di casa: quando il nemico è dentro, e nessuna serratura o allarme lo può fermare.