Avvocati civilisti: terapia d’urto coi fondi Ue. È l'ora di guarire la giustizia malata
Gentile direttore, è chiaro a tutti che una vera ripartenza dell’Italia, quando il Covid sarà finalmente sconfitto, non potrà non passare anche da una riforma seria, profonda e complessiva della giustizia. Una giustizia che funziona non è solo un diritto fondamentale per il cittadino – troppo spesso negato – ma è anche un fattore determinante affinché il Paese torni a correre. Non ci può essere economia robusta là dove i processi non hanno tempi certi.
Lo sa bene la Ue, che ha infatti subordinato l’erogazione del Recovery Fund, cuore del piano Next Generation Eu, alla messa in cantiere di riforme strutturali, e in particolare a una “rifondazione” del nostro sistema giudiziario. Per questo il Governo sta lavorando a un piano straordinario per la giustizia, capace di far fronte a una situazione di crisi che la pandemia, con il lockdown dei Tribunali e una fase 3 che è entrata a regime solo dopo le ferie di agosto, ha soltanto aggravato, ma che si era fatta francamente insostenibile già da lungo tempo. L’Unione nazionale delle Camere civili – Uncc, l’associazione più rappresentativa degli avvocati civilisti italiani – ha sottoposto al Governo alcuni progetti di riforma, chiedendo investimenti in personale, competenze e tecnologia. Tra le proposte avanzate, voglio qui ricordare la concreta realizzazione dell’Ufficio del processo (mai veramente partito) formato da assistenti qualificati e remunerati e destinato ad alleggerire l’arretrato che grava sui Tribunali; l’istituzione, presso gli Uffici giudiziari più oberati, di Sezioni stralcio a composizione collegiale; l’obbligatorietà di una decisione immediata per tutte le cause che non richiedono attività istruttoria; un intervento sui compensi per valorizzare le fasi introduttive del giudizio rispetto a quella decisionale e imponendo l’osservanza di parametri per i committenti seriali; l’introduzione di competenze manageriali nella gestione dei Tribunali.
Allo stesso modo, però, Uncc ha anche messo in guardia dal realizzare l’ennesima riforma a costo zero. Se si vuole davvero porre rimedio ai mali che da anni affliggono la giustizia italiana, trasformando la crisi in opportunità, occorrono risorse, e tante. Ciò che emerge da indiscrezioni riportate in questi giorni sui giornali, però, ci appare preoccupante: sembra infatti che a guidare i progetti di riforma su cui sta lavorando l’Esecutivo non siano considerazioni di merito sulla bontà o sull’efficacia di questa o quella proposta, bensì unicamente la volontà di destinare – per l’ennesima volta – meno risorse possibili alla giustizia. L’impressione è che il Governo, su questo tema, stia navigando a vista, senza una bussola fatta di princìpi ispiratori o di obiettivi da raggiungere.
L’assenza di una progettualità, la confusione di idee, la propensione a cambiare l’ordine delle priorità sulla base di una mera logica di risparmio, è il peggior presupposto possibile per intavolare la riforma. Né si capisce la ratio di questo approccio: con la crisi innescata dal Covid, infatti, la Ue ha allentato i vincoli di bilancio, e ha concesso che fino a un quarto dei fondi assegnati all’Italia possa essere destinato proprio a una riforma complessiva del sistema giudiziario. Sarebbero decine di miliardi. Per la prima volta, un intervento sulla giustizia di ampio respiro non toglierebbe risorse ad altri settori fondamentali come l’istruzione o la sanità. Viene allora da chiedersi a quali altri ambiti il Governo intenda destinare i fondi che la Ue ci eroga per la giustizia. Il rischio è quello di una riforma abborracciata, confusa e disorganica, che, pur partendo da una reale volontà di porre rimedio a croniche disfunzionalità del sistema, finisca per svilirlo più di quanto lo migliori. Senza contare che una mancata “ristrutturazione” della giustizia potrebbe addirittura compromettere l’accesso stesso dell’Italia al Recovery Fund. Qui però non si tratta di agire “perché ce lo chiede l’Europa”: a muoverci deve essere la volontà di vedere il Paese uscire dalla peggiore crisi dal dopoguerra. E non lo si può fare senza investire in idee e in denaro. Abbiamo un’occasione unica e non possiamo sprecarla.
Presidente Unione nazionale Camere civili (Uncc)