Povertà italiana, vittime nel nostro mare. È l'ora di fare ciò che giusto
La pandemia sta lasciando cicatrici profonde nel corpo della nostra società: al dolore per la morte dei nostri cari, alla preoccupazione per i malati in ospedale e all’inquietudine per i ragazzi a cui è stata tolto un pezzo della loro gioventù, si aggiunge adesso la sofferenza e, in alcuni casi, la disperazione per la mancanza di lavoro e il crescente stato di miseria di larghi settori della popolazione.
Le stime preliminari dell’Istat sulla 'povertà assoluta' in Italia hanno delineato un quadro sociale su cui è doveroso riflettere a fondo: oltre 2 milioni di famiglie vivono in condizioni di miseria, con un incremento di ben 335mila nuclei familiari rispetto all’anno scorso. Si tratta del dato peggiore dal 2005 a oggi. E purtroppo le famiglie più colpite dall’aumento dell’indigenza sono quelle in cui sono presenti figli minorenni. È impossibile non rimanere sgomenti di fronte a questi dati che raccontano un Paese in difficoltà e che è stato colpito nel suo cuore pulsante: ovvero, nella famiglia. In quella famiglia che è, prima di tutto, il luogo della carità coniugale e dell’incontro tra generazioni diverse, ma è anche tradizionalmente una fonte di propensione al risparmio e di solidarietà sociale. E perciò mi chiedo: come non inserire questo tema tra i principali argomenti di discussione pubblica del nostro Paese?
Nel 1954, di fronte allo stato di grave povertà in cui versavano moltissime famiglie fiorentine che non avevano più una casa dove vivere, Giorgio La Pira non esitò a ordinare, sulla base di una vecchia norma ottocentesca, la requisizione di centinaia di alloggi per motivi di 'necessità pubblica'. Alle violentissime polemiche che seguirono quella decisione, il sindaco di Firenze rispose con queste parole: «Ma che dovevo fare?
Ho dato una mano di speranza a tante famiglie povere e disperate!». Anche oggi c’è bisogno di dare una «mano di speranza» alle tante famiglie sempre più povere e disperate. Il Reddito di cittadinanza è uno strumento certamente da perfezionare, ma di cui non si può più fare a meno. Ma ora c’è soprattutto da garantire un’adeguata dotazione finanziaria all’«assegno unico universale» che, dopo un’azione promossa dal Forum delle associazioni familiari, ha riscosso un amplissimo consenso politico.
Si tratta di una svolta fondamentale, primo passo per porre finalmente la famiglia con figli al centro delle politiche sociali, mentre delinea una storica equità per le famiglie dei lavoratori autonomi e contribuisce a mettere l’Italia al passo di altri Paesi europei. In quest’ultimo tornante prima del traguardo definitivo occorre però sgombrare il campo da ogni paura, in modo che nessuna famiglia 'perda' qualcosa da questa riforma.
Confido infatti che il Governo e anche il Parlamento, che si è mosso in modo compatto attorno questo provvedimento, sappiano aiutare concretamente le nostre famiglie così duramente provate dalla crisi prodotta dalla pandemia. Altri segni di speranza sono rappresentati da alcuni semi che sono stati appena gettati: il Sinodo per l’Italia e il secondo Incontro sul Mediterraneo. Il Sinodo, in particolare, è una grande opportunità per la comunità ecclesiale del nostro Paese e sarà necessario costruire un cammino inclusivo e aperto a tutti, a partire dalle famiglie.
Mai come oggi, infatti, in questa società impoverita e sfilacciata, c’è bisogno di rammendare le fila di un tessuto sociale sempre più sfibrato attraverso l’esperienza e la sapienza della famiglia. Il Mediterraneo, invece, è ancora oggi una drammatica realtà che parla con forza alla Chiesa universale. Ciò che mi preoccupa di più, dinanzi all’immane tragedia dei numerosi fratelli e sorelle, più di cento, sepolti vivi, ancora una volta, nelle acque del Mare Nostrum, è il giudizio di Dio su noi tutti che assistiamo inermi a queste disgrazie. Al di là dei sentimenti di umana pietà nei confronti delle vittime, non dobbiamo e non possiamo dimenticare che Dio ha voluto fare dell’intera umanità un solo popolo, un’unica famiglia, «fratelli tutti».
cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana