La Giornata. L'ora del massimo impegno vicino ai malati inguaribili
Caro direttore,
le parole di papa Francesco in occasione della Giornata mondiale del malato (qui) aprono orizzonti di speranza e di luce. Abbiamo bisogno che queste parole sostino nei nostri cuori e si incarnino in opere reali e concrete, in testimonianze luminose e incoraggianti. È necessario, perché le sfide sul 'fine vita' sembrano profilarsi più aspre e ardue che mai. Certamente non dobbiamo scoraggiarci, non dobbiamo mollare di un millimetro, tessendo più alleanze possibili.
Ma la sofferenza, che ha tanti volti, fa paura a tutti, così come lo stravolgimento della propria e dell’altrui vita. Per le persone colpite dalle malattie, specialmente quelle prive di spazi di guarigione, difficoltà e problemi di ogni genere esistono, eccome. Fatica, preoccupazioni, stato di allerta sono compagni quotidiani.
La burocrazia sanitaria sfianca. Il Ssn offre una base minima, spesso fatta di parti di un puzzle da costruire per capire cosa e come viene offerto dallo Stato; il carico, anche economico, è prevalentemente tutto sulle famiglie (quando ci sono e quando sono collaborative e affiatate). Su tutto questo un’ampiamente diffusa ideologia, che deforma in modo radicale i concetti di libertà, diritti, dignità, dà il colpo di grazia; depista, scoraggia, tenta, illude, inganna, demotiva, genera abbandono e solitudine, si amalgama agli egoismi, si avvale dell’indifferenza, apre baratri in cui spingono la stanchezza e l’esasperazione.
Il Papa durante una visita a un ospedale - Ansa
Sembra una lotta immane. Chi si trova a combattere con malattie inguaribili e disabilità gravi ha bisogno di tutt’altro: massimo impegno scientifico, tecnico, organizzativo per assicurare a tutti, e su tutto il territorio, cure palliative e terapia del dolore (in questa prospettiva sarebbe importante riconoscere maggiore rilevanza accademica all’insegnamento di medicina e cure palliative, oggi presente soltanto all’interno delle specializzazioni previste dal Dm del 2013, con la creazione di un autonomo settore scientifico-disciplinare di medicina palliativa); rinforzo e qualità dell’assistenza sanitaria anche a domicilio; sicurezza di ottenere cure adeguate e fruibili (e anche sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistita), ma anche non imposizione di interventi sproporzionati e clinicamente non adeguati; maggiore diffusione degli hospice; alleggerimento della burocrazia sanitaria e migliore organizzazione dei servizi; aiuto alle famiglie e ai caregiver; miglioramento delle strutture ospedaliere (compresi i pronto soccorso) e di quelle assistenziali sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista della formazione umana e professionale degli operatori. Per non parlare poi della cura, del garbo, dell’amorevolezza.
Se non diamo risposte concrete alla sofferenza delle persone, è facile che il suicidio assistito e l’eutanasia siano visti come soluzione disperata. «La nostra malattia – si legge nel libro di Adele D’Alonzo 'Come uno spartano alle Termopili' – travolge intere famiglie che rischiano di ritrovarsi sole durante i giorni e le notti dell’assistenza continua. [...] Abbiamo bisogno dello Stato, delle Regioni, del volontariato, della famiglia, degli amici e abbiamo bisogno anche di Dio. Solo così possiamo provare a far vincere la vita». La speranza che accompagna l’alba di ogni nuovo anno sia sempre la risorsa delle nostre buone battaglie.
* Presidente del Movimento per la vita italiano