Statuetta e polemica. La vita sacra e l’odore delle pecore
Credo che il geniale aforisma inventato da papa Francesco dell’essere «pastori con l’odore delle pecore» ( Evangelii gaudium, punto 24) sia una delle espressioni più citate da quando Jorge Mario Bergoglio è asceso al soglio pontificio. Alla prova del dunque, però, l’odore che vogliamo entri nelle nostre 'case', soprattutto se le riduciamo a sagrestie, è quella dell’incenso (meglio se con l’aggiunta di un po’ d’acqua di colonia). Ne sono una prova le recenti polemiche, pretestuose e artatamente gonfiate, a proposito della statuetta lignea femminile che raffigura, fortemente stilizzata, una donna nuda e incinta che rappresenta la vita. Poiché la statuina è stata presente in diversi eventi collegati con il Sinodo c’è stato chi ha gridato alla cerimonia pagana e al culto blasfemo, tanto da costringere padre Giacomo Costa, durante la conferenza stampa per il Sinodo dell’Amazzonia del 16 ottobre, a precisare che «non è la Vergine Maria, chi ha detto la che è la Vergine Maria?».
Aggiungendo poi che «è una donna indigena che rappresenta la vita, una figura femminile che non è né pagana né sacra». Al suo fianco è dovuto scendere perfino il prefetto del dicastero delle comunicazioni vaticane, Paolo Ruffini, confermando che «fondamentalmente, essa rappresenta la vita attraverso una donna» e ha equiparato l’immagine a quella di un albero, dicendo che anche «un albero è un simbolo sacro». Il cristiano che crede in Maria non sente minacciata la propria fede da un’immagine che, sostengono i missionari, è molto importante e con una forte carica simbolica per i cattolici indigeni del Perù. Può non piacerci, può anche darci fastidio, ma se siamo cristiani dovrebbe prevalere nel nostro cuore il desiderio di comunione e di apertura, così come avviene – o dovrebbe avvenire – con un pastore che, venendo a Messa dal campo dove ha lasciato le proprie pecore, vesta abiti impregnati della puzza, di certo non gradevole, di ovino.
Quando celebro a Rebibbia, spesso, durante la Messa, qualche detenuto si alza in piedi e va a toccare una povera statuina, rovinata, della Madonna che c’è in un angolo, mentre un altro carezza poi una scrostata immagine di Padre Pio. Dovrei richiamarli all’ordine? Dovrei ricordare loro la precedenza dell’Eucarestia e la necessità di non distrarsi? Hanno poco tempo: quello che tolgono ai pochi minuti quotidiani nei quali possono uscire dalla cella.
E con la vecchina che nella parrocchia di periferia dove altre volte celebro la Messa, come mi dovrei comportare quando si arrabbia con me perché, non avendo sentito nominare il defunto per il quale ha dato l’offerta, si offende perché «non l’ho chiamato?», e dice proprio così «non l’ha chiamato!», quasi la Messa fosse un rito superstizioso in cui si 'chiamano' le anime dei cari defunti. Cerco di comportarmi secondo il cuore del Vangelo che è un cuore missionario, non rimprovero e non richiamo né gli uni né gli altri. Al catechismo spiego la retta dottrina, ma lascio in quei momenti che il cuore della gente, soprattutto se povera, semplice, sofferente, si esprima come riesce. Come sa e come può.
Il cristianesimo non esisterebbe se non si facesse contaminare da cose come questa. Chi osservando la statuina della donna incinta di legno discetta di supposto paganesimo irriverente, in realtà non vuole che i missionari vadano al Sinodo, non vuole che i missionari vengano a san Pietro, vuole che rimangano in Amazzonia a ricevere quei quattro soldi che noi, generosamente, elargiamo loro purché rimangano là con le loro puzze d’umanità. È un sospetto che si rafforza di fronte a iniziative come la sottrazione di queste statuette dalla chiesa di Santa Maria in Traspontina e per gettarle nel Tevere, 'azione' dimostrativa ripresa e pubblicata su Youtube, rivendicata da diversi siti di cattolici tradizionalisti.
Però, se diciamo a quelli che si scandalizzano di queste cose che non dovrebbero scandalizzarsi, ci rispondono che loro vogliono gli indios e i missionari al Sinodo, ma prima si devono lavare e devono lasciare in Amazzonia ciò che ricorda l’Amazzonia. Altrimenti, se non lo fanno, scherzano sui loro copricapi e li prendono in giro. Per poi lamentarsi se papa Francesco li rimprovera e dice loro: «Che differenza c’è tra le piume sulla testa e i copricapi che usano gli officiali dei nostri dicasteri?».