Ciò che i figli ricorderanno. L’odio si eradica solo nel cuore
Un mese fa, all’alba. Nei kibbutz oltre la Striscia i bambini dormivano ancora. Solo qualche madre forse, sveglia, allattava l’ultimo nato. Di colpo, come un terremoto, gli spari, l’irruzione, la strage. I padri uccisi davanti ai figli, i bambini massacrati sotto agli occhi delle madri, come nel rigurgito di un male antico, nell’eco inesorabile di secoli di pogrom dimenticati.
Oggi, un mese dopo, Gaza in macerie, la popolazione stremata e in fuga, migliaia di morti. L’esercito israeliano percorre ciò che resta di Gaza nord con i tank e i bulldozer, per distruggere le uscite dei tunnel. Sembra una caccia ai topi. Ci sono anche duecento ostaggi israeliani là sotto, se sono ancora vivi, e ci sono quelli di Hamas, imbevuti di odio, e tuttavia uomini. Gli esplosivi a murare i cunicoli – così si eliminano i topi.
Su un tank, racconta sul “Sunday Times” un giornalista embedded con l’esercito israeliano, c’è un tenente medico. Una donna. Yonat ha due figli piccoli, ed è stata fra i primi, la mattina del 7 ottobre, ad arrivare nel kibbutz di Kfar Aza. Le è indimenticabile una mamma crivellata per strada, colta dai terroristi mentre fuggiva col suo bambino fra le braccia.
Il tenente Yonat dice che per lei questa guerra è “diversa”. Quasi tutti gli ebrei israeliani discendono da perseguitati, fuggiti nell’unico Paese in cui non sarebbero più stati gli “altri”, quelli dei ghetti. La paura che quest’ enclave sia cancellata, l’ansia di vendetta per quella notte atroce - tutto questo ci pare terribilmente umano. Hamas, spiega Yonat, deve essere eliminato una volta per tutte: perché suo figlio, quattro anni, non debba più tornare a combattere.
Eliminare una volta per tutte, “eradicare” Hamas, promette Israele, procedendo a spianare Gaza Nord senza guardare ai civili, agli innocenti. Con la rabbia di chi ha visto i suoi bambini bruciati. Soldato, madre ed ebrea, quell’ufficiale sui tank ha visto sé stessa, nella mamma con un neonato a terra nel sangue, il 7 ottobre. (Se provo a immedesimarmi, io riesco a capire l’odio. Siamo esseri umani, il sangue dei figli ci è intollerabile).
Ma, “eradicare” Hamas. Necessario, urgente che la radice di male assoluto venga strappata, divelta. Perché Yonat non tollera che suo figlio torni a fare la guerra. E tuttavia guardando il fumo nero sopra a Gaza annientata, e le facce dei profughi, dei medici impotenti davanti ai mutilati, ti si para davanti una evidenza: quei ragazzi, quei bambini palestinesi che hanno visto i padri e i fratelli cadere sotto ai colpi israeliani, non dimenticheranno. Non si chiamerà forse più Hamas il nemico, fra vent’anni. Ma chi c’era non dimenticherà. A quei bambini è stato messo dentro come un seme: molti ricominceranno a odiare.
Magari in silenzio, senza prendere le armi, oppure di nuovo organizzandosi, clandestini, sotto a un diverso nome. Raramente, però, chi ha visto ammazzare suo padre o sua madre dimentica. E ancora più difficilmente perdona.
La giovane madre sui tank a Gaza pare allora una pedina dentro a una ruota che gira inesorabile, e polverizza gli uomini come la macina di un mulino il grano. Eradicare? Non credevamo nel ‘45 di avere eradicato il nazismo? E non lo vediamo, forse, tornare? Nessun bombardamento, nessun tunnel di nemici murato “eradica” la memoria e il rancore. L’audace rivoluzione annunciata da Cristo in quella stessa insanguinata terra si chiama perdono - ma già noi cristiani, a dire il vero, non brilliamo nel crederci e praticarlo. Impronunciabile, quasi indecente oggi fra Israele e Gaza, questa parola.
Eppure al tenente e madre Yonat, ferita a morte nel vedere una ebrea come lei uccisa con il suo bambino fra le braccia, si vorrebbe poter dire: capiamo la immensa, la ereditata paura, e la rabbia, ma nessun tank, nessun bulldozer cancellerà il principio dell’odio. C’è un solo luogo in cui il corso di questa ruota inesorabile può invertirsi, ed è il cuore dell’uomo. Si potrebbe almeno cominciare ad avere pietà. A sfamare, a curare i feriti, a ridare una casa agli orfani. Se ricorderanno, quei figli, di avere visto fra i nemici almeno una faccia buona, forse anche in quel benedetto, stremato angolo di mondo si potrà un giorno sperare di tornare a vivere.