Lo stato della politica americana è preoccupante (pure per chi crede)
È vero, davanti allo spettacolo offerto dalla corsa per la Casa Bianca tra Donald Trump e Hillary Clinton è più che lecito chiedersi se gli Stati Uniti d’America – “superpotenza unica” dopo il crollo dell’Urss – siano ormai inadeguati a guidare il mondo. Questo significa l’espressione inglese unfit to lead che lei, gentile onorevole Salini, cita con la scoperta intenzione di richiamare lo sferzante titolo che nel 2001 The Economist riservò, con intonazione e sfiducia “liberal”, al presidente del suo partito, Berlusconi, allora candidato premier (e poi effettivamente capo del governo per cinque anni filati). «Perché Silvio Berlusconi è inadatto a condurre l’Italia». Al di la del gioco retorico e polemico, gentile onorevole, l’interrogativo finale che lei pone è estremamente serio e attuale: gli Usa hanno una classe dirigente potenziale in grado di affrontare efficacemente da un punto di vista politico e morale le sfide di un mondo globalizzato? La risposta inclina decisamente al no, e non è una buona notizia anche per chi – come me – sogna da sempre un governo mondiale e non un predominio. A mio parere, però, alla base della domanda a cui lei dà voce c’è pure la questione posta, in modo anche ruvido, dalle riflessioni di Joyce Carol Oates, che forse meritano una rilettura anche da parte sua. Il pensiero della grande scrittrice a proposito della tenaglia tra certo «fondamentalismo cristiano» e l’«eccezionalismo» a stelle e strisce va, infatti, completato con almeno queste altre parole: «Tutti (o quasi) i nostri politici devono “credere” in Dio e Gesù Cristo mentre le loro politiche sono anti-cristiane e persino anti-umane». L’esibita lontananza, anche brutalmente xenofoba e sessista, del magnate Trump dalla visione e dall’azione sociale e pastorale della Chiesa cattolica è una conferma di tutto questo. Ma per me lo è anche, per un altro verso, certa pronunciata, algida e dirigista adesione della donna politica di lungo corso Clinton al «pensiero dominante» (dall’economia alle cosiddette politiche di «salute riproduttiva») negli Usa e non solo. Per questo ho scritto e continuo a ripetere che mai come stavolta in un voto di enorme importanza non solo per un singolo Paese c’è un corpo elettorale chiamato a scegliere tra una candidata cattiva (Mrs. Hillary) e un candidato pessimo (“The Donald”). Per questo penso che certi “campioni”, i loro slogan e giochi di prestigio non possono strumentalizzare in alcun modo la Parola che i cristiani ascoltano e testimoniano.