Opinioni

Un problema che torna e s’aggrava. Lo spirito costa sacrificio (le auto e la montagna)

Ferdinando Camon domenica 22 agosto 2021

Vedo sui giornali non solo del mio Veneto proteste di lettori per le troppe auto presenti in montagna, e mi dichiaro subito d’accordo. In questo momento mi trovo in Val di Zoldo, nel cuore delle Dolomiti, dichiarate patrimonio dell’umanità per la loro bellezza, e le strade sono tutte intasate di auto: i parcheggi pieni, ai ristoranti non c’è posto, nelle curve dobbiamo stare attenti.

Immagino quello che c’è sotto le proteste dei lettori e all’idea (bella, ma non fattibile) di Reinhold Messner di impedire l’accesso ai valichi dolomitici alle vetture private: c’è un’idea di auto associata a città, folla, bar, supermercato, telefonino, inquinamento, insomma alienazione, e un’idea di montagna associata a solitudine, lettura, silenzio, meditazione, aria limpida, insomma Spirito. Sui giornali i lettori protestano perché son venuti in montagna cercando lo Spirito e trovano l’alienazione. Hanno ragione.

Sta passando la settimana dopo Ferragosto, che è il culmine delle vacanze e quindi dell’alienazione. Io mi trovo in Val di Zoldo non per una scelta alienata, ma per una costrizione della memoria: qui ho fatto il servizio militare, conosco questi monti, sono stato in cima a tutti, ho dei ricordi qui. E degli enigmi da sciogliere.

Al confine con l’Austria ho trovato un signore tutto solo, seduto davanti a una baracca, tra i duemilacinquecento e i tremila metri, con un libro in mano. Il mio plotone gli è passato davanti sferragliando, quarantadue uomini. Non ha alzato un occhio. Chi era? Cosa leggeva? Era tutto e solo Spirito, indifferente al mondo? Lo saprò nella Valle di Giosafat? Non vedo l’ora. Lo cercherò. Non so chi è, ma voglio fare amicizia.

Qui c’è troppa gente, io amo la gente ma non in montagna. La montagna è un altro mondo, venire dalla città alla montagna portandosi dietro la città vuol dire contaminare la montagna, e offenderla. Vuoi salire su un monte di tremila metri? Prima devi farti un esame di coscienza, come per un incontro mistico. Sei forte abbastanza? Abbastanza sano? Sei vestito giusto?

Da queste parti, a tremila metri, noi plotone di alpini abbiamo sentito dei turisti chiedere aiuto. Erano in pantaloni corti e scarpette da ginnastica. Anch’io ho lanciato lo slogan contro i no-vax: se si ammalano, non gli paghiamo le spese. Era soltanto uno slogan, perché poi se si ammalano non li lasciamo impiantati ma gli paghiamo le spese come a tutti. Per le stesse ragioni vorrei lanciare uno slogan contro i turisti incrodati ad alta quota con vestiti da spiaggia: se il freddo li paralizza, si arrangiano, non li portiamo giù. È uno slogan terroristico, perché poi, se possiamo portarli giù, non li abbandoniamo. Facciamo quel che possiamo.

Certo che adesso la gente in montagna è troppa, e non è qui per amore dello Spirito e ripulsa della città. È qui perché ama la città e vuole portarsela dietro, continuare ad averla, depurandola della calura. Ma non delle auto. Ah furbetti!, vogliono andare in Paradiso in carrozza. I ristoranti di montagna con i parcheggi scintillanti di auto fanno una strana impressione. La montagna è lo sfondo, niente più. Serve per un selfie, lo impreziosisce. Cosa fare contro l’andazzo delle troppe auto in montagna? Vedo che i giornali chiedono di contingentare le auto, contandole sui valichi e limitandone il passaggio. Astruso e violento, non mi associo. Perché non ci sono né treni né autobus. Qui dalla città con la mia auto arrivo in 2 ore, in treno più autobus di ore ce ne vogliono 6-7. Chiaro che tutti vengono in auto. Lo Spirito è una cosa bellissima, ma costa troppo sacrificio.