Anche in questo maggio è tornato. Lo conoscete: è il popolo delle Prime Comunioni
Li ho visti, hanno 'invaso' l’Italia, ma in modo invisibile. Sono una folla molto, molto ampia. Che non fa notizia. Sono il Popolo delle Prime Comunioni. Potremmo ironicamente chiamarlo il vero Pci, prime comunioni italiane, ma sono un popolo, non un partito, e la differenza conta. Nel mese che sta finendo, in questo maggio di pioggia e sole, si sono viste ovunque chiese strapiene, persone di ogni tipo, ricchi, poveretti, di ogni razza e di ogni stile. Elegantoni e gente che tentava eleganze improbabili, gente fedele e gente che in Chiesa ci va forse solo quella volta o quasi. Ma tutti lì, con almeno un istante di vera commozione nel cuore e nella mente, quando i più piccoli dicono 'amen' e mangiano Dio.
Il Popolo delle Prime Comunioni si accosta a questo straordinario mistero così come è. Vario e non irreggimentabile, ma certo di una cosa: occorre far assaggiare ai figli il corpo di Cristo. Perché solo quel corpo compie il desiderio di vita. Solo quello nutre fino in fondo. Nessun discorso, nessuna azione pur buona, nessuna ideologia possono compiere la sete e la fame di vita di un uomo e di una donna.
Un giorno una signora, durante una conferenza di poesia, prese a lamentarsi, come sempre in modo un po’ retorico, del fatto che i giovani cercano ebbrezze e soddisfazioni strane (come se gli adulti no, eh?). A quella distinta signora chiesi se lei la domenica andasse a Messa, e rispose, stupita, di sì. Quando le chiesi allora se si rendesse conto di cosa facessimo noi a Messa mi guardò attonita e confusa. «Noi lì mangiamo Uno e beviamo il suo sangue», dissi, cioè «facciamo una cosa un po’ più estrema che fare tardi in discoteca o cercare ebbrezze strane. Noi mangiamo Dio». Solo questo soddisfa la nostra fame di vita. Le tante famiglie, a volte ferite, a volte con geometrie variabili, che affollavano con il Popolo delle Prime Comunioni le Chiese forse lo sanno, forse lo intuiscono confusamente, forse no. Ma il fatto resta. Il popolo ha fame di Dio. E porta i suoi piccoli ad accostarsi all’unico pane che sfama la vita.
Una bambina, nella Chiesa dove ero al microfono ha pregato il Signore perché suo nonno «ora in cielo sia più rilassato». Nella società i legami fondamentali restano forti. Lo si vede anche negli elaborati di racconti e poesie che numerosissimi dalle scuole elementari alle superiori sono arrivati all’Associazione 'Nonni2.0' di Milano che premierà i migliori in Senato il 4 giugno, Struggenti e belle lettere di ragazzini che ringraziano i nonni per la vita e la saggezza lasciata. Senza retorica come quella preghiera. Il Popolo delle Prime Comunioni sa che la vita ha fame di vita vera. Il Corpo di Dio fonda un popolo perché ne sfama l’anima non perché lo vuole perfetto. Solo la gioia di chi trova il pane per la sua fame genera e rinnova il popolo; non lo genera la rabbia, non le buone raccomandazioni e non l’ideologia.
Il Popolo delle Prime Comunioni è un soggetto strano. Non lo imbrigli con tessere o slogan. Segue confusamente la fame che ha in fondo al cuore e spera, con la forza piena di lacrime e luce che segna la speranza dei genitori, che i propri figli non muoiano dentro, intristendosi in quella fame senza trovare il pane vero. È un popolo che a volte sembra invisibile, che sfugge a definizioni e letture sociologiche. È il popolo che non nasconde nel cuore la fame che ha. E fa festa coi suoi piccoli, perché un pane e un vino per la fame di vita di tutti esistono. Questa gioia semplice e scandalosa è una forza viva di questo Paese, lo semina, lo rende bello.