Priorità degli assistenti sociali. L'Italia che merita spazio nella legge di bilancio
Caro direttore,
quando i media avranno archiviato il risultato e le conseguenze del voto in Umbria (sempre che la scrittura "di una pagina di storia" non provochi la riscrittura di un romanzo nazionale ai suoi primi capitoli...), l’informazione tornerà sulla legge di Bilancio. Su quei numeri, quei provvedimenti, quei tagli e quei fondi che dovrebbero disegnare l’Italia del 2020 e per gli anni successivi.
Fin qui tra la sterilizzazione dell’Iva, le battaglie sul limite dell’uso del contante, gli sgambetti sulle misure bandiera – ognuno la sua: dagli 80 euro di Renzi, alla quota 100 di Salvini, alla difesa del Rdc così com’è di Di Maio... – qual è il Paese che si è proposto agli italiani? Mi dispiace dirlo, ma non riusciamo a vederlo o a capirlo ancora.
Eppure, al di là di numeri e cifre, ma certo con numeri e cifre, si potrebbe dare l’dea di una direzione, di un percorso da fare. Non scriveremo di Iva o di contante, noi siamo gli assistenti sociali, siamo tra le dipendenze di ogni tipo, ci occupiamo di persone sole, anziani e disabili in particolare; di bambini senza serenità, di donne aggredite o abusate, di migranti piccoli o adulti, accompagnati e non; di famiglie in difficoltà. Siamo nei Sert, nelle carceri, negli hospice, nei centri antiviolenza o in quelli di salute mentale, sulle banchine dei porti... Ci piacerebbe che il confronto, nel governo e nel Parlamento, quando comincerà ad affrontare uno dopo l’altro i capitoli della legge di Bilancio, si sviluppasse sulle priorità. Noi cominceremmo da una serie di "come".
Come affrontare la povertà dei bambini, tutti i bambini di tutti i colori, al di là del discorso su asili gratis, assegni, bonus bebè o sussidio pannolino. Se accanto all’assegno unico non costruiamo anche delle strutture formative che supportino i genitori nel loro compito educativo, non solo l’asilo ma anche consultori, servizi sanitari e territoriali adeguati, faremo politiche miopi e incapaci di intercettare chi veramente è fragile e solo.
Come utilizzare i miliardi dell’Unione Europea a favore dei giovani, soprattutto quelli del Sud. Su come organizzare i servizi pubblici e privati per far sì che gli anziani possano vivere nelle proprie case e vicine ai propri affetti.
Come costruire e stabilizzare un vero piano infrastrutturale di Welfare. In due anni di Reddito di inclusione e di Redditi di cittadinanza abbiamo ancora interi territori che non hanno speso i soldi e che non hanno un minimo di strutture d’aiuto o per la ricerca di un lavoro.
Come costruire servizi per la non autosufficienza che oggi non sono sufficienti. La popolazione anziana cresce con numeri impressionanti e noi stiamo ancora pensando al semplice adeguamento delle indennità o indicizzazione di questa o quella pensione. Potrei continuare elencando i tanti minorenni tossicodipendenti delle nostre tante periferie e le loro famiglie o le persone con disagio psichico sole come nel noto caso alle cronache di Manduria, le carceri, i migranti, i centri antiviolenza, lì dove cerchiamo di dare risposte a problemi molto più grandi delle risorse – umane ed economiche – a disposizione. Ma se si cominciasse a tracciare una strada, siamo certi che il resto verrebbe da sé.
Certo, bisognerebbe avere un’idea di Paese e per questo discutere, contrapporsi, confrontarsi. L’Italia che vorremmo è equa giusta, sincera ancor prima che sicura, che ci dica che possiamo contare sul suo aiuto e non che ci dia una mancia sperando che passi la nottata.
Presidente del Consiglio dell’Ordine degli assistenti sociali