Guerra, patria ed elezioni Ue. L'interesse nazionale
Mentre la guerra in Ucraina continua a produrre un inaccettabile carico di sofferenze, lo spettacolo della politica sembra continuare as usual. Ma non sempre è così: a volte la politica è costretta a fare i conti, seppure in modo contorto, con le domande della storia. Accade anche in queste settimane, con la discussione che si è aperta in vista delle elezioni europee del 2024, tra chi propone una grande alleanza fra tutte le forze di destra e chi la respinge. Anche se non lo si dice chiaramente, infatti, al fondo di questa alternativa c’è una questione che ha sconvolto l’Europa nel secolo scorso e che oggi fa divampare nuovamente la guerra in Ucraina: il nazionalismo.
Il Partito popolare europeo sembra aver scelto, soprattutto per impulso della Cdu tedesca, di respingere un’alleanza con forze come Alternative fur Deutschland in Germania e Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia. Indubbiamente, influiscono previsioni sugli orientamenti elettorali e calcoli sui seggi nel futuro Parlamento europeo. Ma si vuole anche affermare una netta distinzione tra forze politiche europeiste e anti-europeiste (e spesso anche antidemocratiche, xenofobe, antisemite ecc.). Tra queste ultime – non è un caso – si trovano formazioni politiche che non hanno ripudiato in modo netto l’eredità nazi-fascista o le spinte nazionalistiche del secolo scorso. È in opposizione ai nazionalismi che è nata l’Unione europea, costruzione di pace attraverso un processo di integrazione tra le sovranità dei suoi Stati membri. Ma il rifiuto del nazionalismo non riguarda solo il passato: anche l’aggressione russa all’Ucraina nasce da una forma di nazionalismo, a cui è possibile rispondere con altre forme di nazionalismo oppure con progetti di convivenza pacifica. È la strada indicata indirettamente anche dalla missione di pace affidata da Papa Francesco al cardinale Matteo Zuppi.
La posta in gioco è quindi di grande importanza storica e attuale. Perché il nazionalismo era un male ieri e lo è anche oggi. Bisogna essere chiari su questo punto. La parola nazionalismo ha assunto nel tempo significati e sfumature diverse, ma il nazismo e il fascismo le hanno impresso un indelebile marchio negativo. È in nome del nazionalismo che Hitler e Mussolini hanno aggredito tutti gli altri popoli e la Seconda guerra mondiale non è stata scatenata per motivi patriottici ma ideologici: quella combattuta dall’Italia è stata una guerra fascista non patriottica. Viceversa, anche se l’Urss era un regime totalitario, la reazione russa all’aggressione di Hitler nel 1942 è stata una guerra patriottica. Non a caso, Putin si richiama, infondatamente, a quel precedente per giustificare quella che invece è una guerra di aggressione.
Molti oggi usano indifferentemente patria e nazione. Ma con queste parole indichiamo cose diverse. La patria è la terra dei padri e difendere la patria non significa aggredire altri popoli. Prima che si affermasse l’ideologia nazionalista, nella prima metà dell’Ottocento il senso della patria si accompagnava all’ideale di una fraternità delle nazioni, come nella Giovane Europa mazziniana. E oggi il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, parla di rafforzamento delle organizzazioni internazionali a sostegno della “famiglia delle nazioni”. Chi in Italia vorrebbe esaltare solo la propria usando il termine Nazione con la n maiuscola ignora colpevolmente la strumentalizzazione che ne ha fatto il fascismo. Se proprio si vuole parlare di nazione – con la n minuscola - bisogna aggiungere sempre, come faceva la classe dirigente cattolica nel dopoguerra, “nata dall’antifascismo e dalla Resistenza”. Solo così è chiaro che non si parla di nazionalismo. Ma la politica italiana recente ha archiviato l’alternativa tra fascismo e antifascismo, dimenticando che se il fascismo storico di Mussolini è finito nel 1945, il nazionalismo gli è sopravvissuto, mescolandosi al neofascismo.
E il sovranismo? Parola di conio recente e di significato ambiguo può indicare cose molto diverse: difesa dell’interesse nazionale o, ancora una volta, nazionalismo. C’è chi la usa come sinonimo di nazionalismo in Italia e di interesse nazionale a Bruxelles, insomma per scopi tattici. Ma è un gioco pericoloso e controproducente: alimentare il sovranismo significa infatti incoraggiare un perseguimento conflittuale degli interessi nazionali, a scapito gli uni degli altri, come hanno dimostrato le opposizioni delle sovraniste Polonia e Ungheria alla redistribuzione dei migranti tra i paesi europei sostenuta dalla sovranista Italia. Meglio perseguire l’interesse nazionale puntando su obiettivi comuni (grandi e prevalenti), realizzando compromessi là dove ci sono divergenze (secondarie e specifiche), in vista del bene di tutti: è il metodo su cui si fonda l’Unione europea.