Opinioni

Obama e il commercio delle armi. L’incerta buona battaglia

Vittorio E. Parsi giovedì 17 gennaio 2013
È una battaglia dall’esito tutt’altro che scontato quella che il presidente Barack Obama si ac­cinge a combattere per il bando negli Stati Uniti della vendita ai privati dei fucili d’assalto: si tratta del genere di arma cui appartiene l’M16 utilizzato per la strage di bambini nella cittadina di Newtown, appena poche settimane fa.
Per quanto possa ri­sultare sorprendente agli occhi europei, finora la lobby dei produttori, attraverso la National Rifle As­sociation, è sempre riuscita ad affondare ogni pro­posta di limitazione troppo restrittiva al commer­cio di armi da fuoco facendo appello alla Costitu­zione. Essa infatti sancisce l’illegittimità di qual­siasi norma volta a impedire il possesso di armi da parte dei cittadini. Si tratta chiaramente di una pre­scrizione introdotta per impedire che un governo tirannico potesse disarmare quelle milizie che a­vevano conquistato agli americani la libertà dal gio­go inglese, che nulla ha a che fare con la bramosia per le armi da fuoco che sembra attraversare una parte della società americana.
Parecchia acqua è passata sotto i ponti da quando la Costituzione, il Bill of Rights e i primi Emenda­menti vennero approvati. E da molto tempo si di­scute negli Stati Uniti di quanto sia pericoloso il la­sciar girare tante armi, sempre più potenti, lungo le strade delle città americane. Se in tutti questi an­ni la lobby delle armi avesse potuto far leva solo su una interpretazione letterale di un dettato costitu­zionale tanto anacronistico avrebbe avuto vita ben grama.
Evidentemente qualche cosa d’altro deve aver rafforzato l’interpretazione della prescrizione costituzionale, qualche cosa che ha fatto parte e fa ancora parte della cultura profonda di una porzio­ne tutt’altro che irrilevante della società america­na, di come essa si pensa e del suo mito fondante. Un mito basato sulla strenua lotta dell’individuo per affermare la sua libertà, per fare dell’America «la terra degli uomini liberi e la patria del corag­gio ». E tanta parte della storia americana e della sua narrativa ha raccontato la lotta dell’individuo, innanzitutto, che si batte per rivendicare una li­bertà conculcata e, che proprio attraverso l’esem­pio del suo coraggio risveglia comunità spesso in­fiacchite e asservite dalla prepotenza dei pochi.
È l’eterna leggenda del cavaliere solitario che deve spesso combattere persino contro tutori dell’ordi­ne corrotti, o vigliacchi, per difendere se stesso e i suoi concittadini, che tanti capolavori del cinema di John Ford ci hanno reso familiare. È proprio quella per un cambiamento della men­talità, collettiva e individuale, la lotta più dura che attende il presidente. Certo, per molti aspetti l’A­merica appare pronta per un cambiamento tanto radicale, e una parte della società già ritiene che sia ormai intollerabile lo spettacolo di massacri ricor­renti cui assiste sempre più sgomenta.
Ma c’è an­cora un’altra America, più rurale, conservatrice e so­spettosa del governo e delle sue attività, che non ha nessuna intenzione di accettare la svolta. È l’Ame­rica che ha fatto incetta di M16 di fronte alla pro­spettiva di un possibile bando delle vendite, nella speranza che quantomeno il possesso venga an­cora consentito. Non si tratta di due Americhe con­trapposte, pistoleri contro miti cittadini.
Sono piut­tosto le due facce di una sola America che cercano di ricomporsi, entrambe comunque sgomente di fronte agli eccidi come quello di Newtown. A chi di noi fosse tentato di fare la morale occorre ricorda­re come sia difficile cambiare le mentalità sociali, le abitudini radicate, che siano quella di portare le armi, evadere sistematicamente le tasse o utilizza­re strade e autostrade come fossero piste per gare automobilistiche.
Forse però qualcosa sta cambiando: ben più grazie alla consapevole azione politica di un presidente (pur non immune da errori) che non a causa del­l’orrore provocato dalle ecatombi sempre più fre­quenti. Ci vuole coraggio per raccogliere la sfida di convincere una nazione che la sua sicurezza inizia dal suo (limitato) disarmo. Ci vuole lo stesso coraggio di quei cavalieri solitari che, ai tempi della Frontiera, cercavano di risveglia­re la coscienza dei trop­po miti a suon di pi­stolettate. E che oggi provano a farlo invi­tando tutti a riporre, quantomeno, i fucili d’assalto.