Opinioni

Botta e risposta. Licenziato dopo 10 anni di cassa. Mai più abbandonati ai soli sussidi

Francesco Riccardi martedì 4 gennaio 2022

Gentile direttore,
due giorni fa ho ricevuto l’e-mail del mio licenziamento. Una cosa normale, oggi. È ovvio e normale che il licenziamento arrivi dopo 10 anni di cassa integrazione a 0 ore, è normale che in tutti questi anni abbia provato ogni modo possibile per rientrare al lavoro senza trovare ascolto, è normale che la multinazionale che mi ha licenziato sia una delle imprese che più beneficia degli enormi investimenti previsti nel nostro Paese, è normale che non se ne parli visto che licenziare è di moda, è normale che la sorte dei lavoratori sia sempre più annoverata tra gli effetti collaterali... E poi ci scandalizziamo per le 'morti bianche' che non sono altro che il frutto avvelenato di questo terrore psicologico di perdere il lavoro. Ho 61 anni , un momento come questo non l’avevo mai vissuto, ci potrebbero essere le condizioni per creare lavoro dignitoso, ma sul lavoro si continua invece a speculare. Ho due figli, uno di 29 anni, laureato, che lavora all’estero, il secondo di 24 anni si sta laureando e pensa a sua volta di andare all’estero. Anche se non me ne hanno mai parlato, è chiaro che la mia situazione ha inciso sulle loro scelte, così come credo che la scelta delle migliaia di loro coetanei che già lavorano all’estero sia stata influenzata dai molti mali non sanati del mondo del lavoro in Italia. Per quanto mi riguarda, vedo che si fa di tutto per distruggere la coesione sociale. Vedo che l’indifferenza delle istituzioni è grave, la loro lontananza dai casi come il mio è siderale. E mi sento abbandonato, ferito, umiliato. Gli ammortizzatori sociali permettono al disoccupato di sbarcare il lunario, ma nulla possono contro la perdita di dignità quale conseguenza della perdita di lavoro, specialmente quando questa perdita è arbitraria e palesemente evitabile, come nel mio caso. Come si fa a essere 'patrioti' in una simile situazione? Auguro felice anno nuovo a tutti...

Valter Moioli, Mapello (Bg)

Cosa può esserci di più amaro, nel dolce clima delle feste, del ricevere un’email di definitivo licenziamento? Lo sconforto, la disillusione e quel po’ di timore per il futuro che traspaiono dalla sua lettera, gentile signor Moioli, sono dunque facilmente comprensibili e giustificati. Il direttore mi incarica di risponderle e io ho poco da aggiungere alle sue parole se non tre modeste considerazioni. La prima è che la sua vicenda richiama la validità di quanto il Papa ha scritto nel Messaggio per la Giornata della pace di questo 1° gennaio, laddove sottolinea come il lavoro sia «la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità. (…) Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale. Perciò dobbiamo unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società. (…) Il profitto non sia l’unico criterio-guida». Il secondo pensiero è invece di ordine pratico e riguarda il fatto che lei abbia passato ben 10 anni in cassa integrazione, senza riuscire a rientrare al lavoro. Lei è vittima di un duplice tradimento: anzitutto quello dell’azienda che andrebbe penalizzata per il suo comportamento (e la legge in proposito appena varata lo prevede seppure in maniera piuttosto blanda), ma poi più ancora dal nostro sistema di welfare che non ha saputo prendersi carico davvero della sua situazione. Alla necessaria tutela economica assicurata dagli ammortizzatori sociali, infatti, andavano affiancate politiche attive del lavoro che rafforzassero la sua occupabilità e permettessero dunque un suo rapido ricollocamento in un altro posto. Nessuno dovrebbe più restare 'congelato' in cassa integrazione per anni e anni. E proprio questo cambio di strategia, da difesa passiva del posto e del reddito a promozione attiva dell’occupabilità delle persone, sarà uno dei banchi di prova decisivi della validità della riforma degli ammortizzatori sociali approvata negli ultimi giorni del 2021. L’ultima considerazione riguarda la patria, dalla quale Lei si sente 'abbandonato e umiliato', e l’inerzia delle istituzioni, causa della 'fuga' dall’Italia dei suoi figli. Questo è forse il tradimento più pericoloso: quello verso i giovani che qui non trovano la giusta valorizzazione delle loro competenze e della loro voglia di fare. L’augurio che possiamo farci all’inizio del nuovo anno è quindi quello di impegnarci tutti – politici, imprenditori, sindacati e cittadini – a superare finalmente questo masochismo che mina nel profondo il nostro stesso futuro economico e sociale. Servono onestà, lungimiranza, sincera ricerca del bene comune. Doni per il 2022.