Opinioni

Liberi dalle mafie. Il messaggio di Cafiero e l'eredità di don Diana

Antonio Maria Mira domenica 26 novembre 2017

«Dopo 25 anni si sta realizzando un sogno, i cittadini non stanno più in silenzio di fronte alle violenze della camorra». È il forte e commosso messaggio di speranza lanciato dal nuovo procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, in occasione del suo ritorno a Casal di Principe. Un abbraccio di centinaia di veri casalesi al magistrato che ha contribuito a ridare loro la libertà e la forza di parlare. Che sottolinea come questo 'sogno che si realizza' non è fatto solo di parole ma di concrete realtà. Come le cooperative sociali che sostengono, con lavoro buono e pulito, fragilità e solitudini e lo fanno operando su beni confiscati alla malavita organizzata. Il messaggio del procuratore ci riporta alla mente una famosa frase di Paolo Borsellino: «La lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolga tutti, che tutti abitui a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità». Questo è cresciuto nelle 'terre di don Peppe Diana', non più 'terre di Gomorra'.

Ma anche a Corleone, come abbiamo raccontato il giorno della morte di Salvatore Riina, detto Totò. Perché c’è, e va raccontato, più di certo (più o meno interessante) chiacchiericcio su quella morte. È il «fresco profumo» che regalano i giovani che gestiscono i beni confiscati e i familiari delle vittime delle mafie che Cafiero de Raho paragona ad apostoli, esortandoli «ad andare nel Mondo a testimoniare quello che avete subìto perché non si debba più ripetere». È il «fresco profumo» di chi, malgrado tutto, vuole essere libero. Ed è la sconfitta delle mafie, «il loro annientamento», lo definisce il procuratore. Proprio così. Lo diceva anche Giovanni Falcone.

«La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine». Dunque le mafie sono sconfitte? Ancora no, avverte lucidamente il nuovo capo della Procura nazionale antimafia. Certo, i principali boss sono in carcere e questo ha aiutato molto i protagonisti della rinascita civile. Ma il loro nome, il loro 'potere' ancora affascina alcuni giovani, come dimostrano i fatti di questi giorni dei quali scriviamo nel giornale. E, soprattutto, ci sono ancora tanti soldi mafiosi in giro, e c’è chi li sa usare. C’è un mondo di imprenditori e professionisti, ci sono 'colletti bianchi' che hanno banchettato al tavolo dei mafiosi e che continuano ad approfittarne, giocando in proprio o di supporto ai clan. Sono ora loro uno dei grandi obiettivi del contrasto alle mafie. Come sottolinea il procuratore, in una sorta di programma di lavoro. «Li dobbiamo prendere. La nostra presa non molla». Sono avvertiti, non potranno continuare impunemente a fare affari, né provare a riciclarsi. Anche perché l’aria è davvero cambiata. Sì, davvero. Se tante persone applaudono un procuratore come un vecchio amico e se lui si commuove, vuol dire che davvero un sogno si sta realizzando.

Sogno reale che sta facendo uscire questa e altre terre dall’incubo mafioso. Sogno che va sostenuto perché chi ha resistito costruendo progetti di giustizia e responsabilità, non sia lasciato solo: giovani, sindaci, imprenditori, insegnanti, parroci, vescovi. Sono loro quel profumo di libertà, sono loro quel sogno che si realizza. Un sogno che va raccontato sempre di più perché sono davvero tanti quelli che, come testimoniava don Peppe Diana, sono saliti sui tetti «ad annunciare parole di vita». La sua morte fu un incubo, ma proprio da lì è partito il sogno. Il giovane magistrato che corse in quella parrocchia e non trovò nessuno ma solo silenzio, oggi capo dell’Antimafia dice «vi voglio bene» ai veri casalesi che lo abbracciano, in un convinto abbraccio collettivo. Una storia tutta da raccontare. Oggi e domani. Perché quel sogno non finisca. E si completi.