Opinioni

Social. Liberarsi di TikTok può essere una cosa buona per il cervello. E non solo

Pietro Saccò venerdì 15 marzo 2024

Che invidia per gli Stati Uniti, che presto potrebbero liberarsi di TikTok. Le motivazioni della legge approvata mercoledì alla Camera Usa riguardano la sicurezza nazionale: i parlamentari non si fidano di una app che, come ogni società cinese, potrebbe consegnare dati al Partito Comunista o prestarsi a strategie di disinformazione in vista delle presidenziali.

Ma è fondato il sospetto che le accuse a TikTok siano pretestuose, e che l’America voglia soprattutto aiutare i campioni californiani Instagram, Facebook o YouTube) a liberarsi di un rivale temibile. In ogni caso, il legame con l’amministrazione cinese è solo una delle caratteristiche che rendono TikTok una creatura sgradevole, qualcosa senza la quale, vien da dire, staremmo probabilmente meglio.

La prima di queste caratteristiche è la natura stessa del social network. Sono piattaforme che si propongono come strumenti di socializzazione e svago, ma sono imprese che si occupano di conquistare l’attenzione degli utenti per il maggior tempo possibile, per poterla vendere agli investitori pubblicitari.

Nulla di terribile, catturare l’attenzione del pubblico per vendere pubblicità è una delle attività che i media – giornali compresi – fanno da sempre. Nessuno però è mai riuscito a farlo con la sofisticatezza dei social network più potenti. TikTok, Instagram e gli altri hanno fatto tesoro di decenni di ricerche sul funzionamento dei meccanismi di motivazione-ricompensa del cervello umano e hanno perfezionato i loro metodi grazie a una raccolta di dati sul comportamento delle persone che non ha paragoni nella storia dell’umanità.

Il risultato di queste ricerche lo possiamo dedurre da quello che l’attività principale dei social è diventata: il modo migliore di tenere le persone engaged il più a lungo possibile è proporre loro una serie senza fine di video più o meno insulsi ma brevi. Balletti, animali che fanno cose buffe, umani che fanno facce strane, ragazze che si truccano, scherzi stupidi, anche consigli su come procurarsi una cicatrice in faccia, come ha ricordato proprio ieri l’Antitrust multando l’azienda: va bene tutto, basta che non duri più di qualche decina di secondi e che spinga l’utente a non alzare lo sguardo dallo schermo.

Perché centinaia di milioni di esseri umani dedicano ore della loro vita a guardare roba simile? Qualcuno definirebbe “appagante” il tempo trascorso su TikTok? O è solo un’altra cattiva abitudine, una blanda dipendenza al rilascio di piccole dosi di dopamina che contenuti del genere sanno innescare? Sta agli scienziati dare qualche risposta a queste domande da boomer, cioè da gente fuori dal suo tempo.

Però non sembra che i social abbiano reso la nostra società più felice. Al contrario, sembrano averla inebetita e chi ci governa dovrebbe ragionarci. Deve esserci un livello di intontimento della popolazione sotto il quale una democrazia non può permettersi di scendere. Poi ci sono i bambini e gli adolescenti. Numerosi studi inducono a pensare che il consumo intensivo di questo tipo di contenuti affiancato dalle dinamiche dei “like” sia tra i fattori che hanno portato gli adolescenti occidentali a vivere condizioni di ansia, depressione e apatia a livelli che non erano mai stati registrati prima.

«La mia tesi è che la nuova infanzia basata sul telefono, che ha preso forma circa dodici anni fa, stia facendo ammalare i giovani e bloccando il loro progresso verso lo sviluppo nell’età adulta. Abbiamo bisogno di una drammatica correzione culturale, e ne abbiamo bisogno adesso», avverte lo psicologo americano Jonathan Haidt in un recente articolo sull’“Atlantic”. Un anno fa un allarme di questo tipo era stato lanciato dal Surgeon General, la massima autorità sanitaria degli Stati Uniti.

Chi ha meno di 13 anni in Italia non si può iscrivere su TikTok, Instagram o Facebook. Eppure, i bambini ci sono, perché le piattaforme non sono obbligate a verificare l’età reale dei loro utenti. I social avranno anche fatto cose buone (non solo avere arricchito persone che li sanno usare con maestria) ma provocano danni sociali incalcolabili. Pare concretizzarsi l’intuizione di David Foster Wallace, geniale scrittore che trent’anni fa aveva messo al centro del romanzo Infinite Jest una misteriosa e videocassetta così divertente da inebetire lo spettatore fino alla morte.

Al Capone fu arrestato non per mafia, ma per evasione fiscale. TikTok rischia di essere chiuso in America non per i danni alla salute mentale della popolazione, ma per il legame con la Cina. Non è detto che succeda. E, comunque andrà, l’offerta di video insulsi per svagarsi continuerà su altre piattaforme made in Usa. Difficile liberarsi dei social, una volta che si sono presi il tempo della gente, vero tesoro dell’economia digitale. Ma ogni passo che va in quella direzione, ogni legge che ostacola l’egemonia di questi sistemi, è una buona notizia. Stavamo bene anche senza TikTok, staremmo forse meglio se non ci fosse. Che invidia per gli Stati Uniti, se ce la fanno.