«Torna il qualunquismo irresponsabile». È un rischio serio, ma non è inevitabile
Caro direttore,
dopo quanto sta accadendo in Italia, mi sembra che sepolta la distinzione tra destra e sinistra. E più che ragionare su populismo e sovranismo penso dovremmo preoccuparci per un ritorno al qualunquismo aggravato dalla irresponsabilità. Che cosa ne pensa?
Nicola Tindaro, Calabria
Qualunquismo irresponsabile? Le rispondo, caro lettore, dicendo che il suo è un giudizio severo, ma non avventato alla luce delle tappe – non le ultime, le penultime – della crisi di inizio Legislatura. E potrei anche chiuderla qui. Ma la sua breve domanda mi spinge a pensieri più lunghi e articolati, che mi consentono di sviluppare almeno un po’ analisi e ragionamenti con cui ho accompagnato i passaggi politici, persino tumultuosi e “masanielli”, di quest’ultima settimana.
Innanzi tutto, gentile signor Nicola, penso che chi si abbandona troppo ai giochi della politica può ritrovarsi come è accaduto a pretendere di giocare a rugby in un campo di calcio. Cioè – fuor di metafora – s’inventa di voler applicare a una partita e al contesto in cui si svolge le regole di tutto un altro gioco. Qualcosa di sbagliato, spericolato, persino pericoloso. Una rivoluzione, anche del buon senso. Ne abbiano avuto un esempio con il cammino verso la nascita del Governo gialloverde, accompagnata dagli strepiti contro colui – il presidente Mattarella – che con grande pazienza l’ha agevolata, e infine persino forzata con una sorta di forcipe, perché era l’unica realizzabile, ma doveva maturare in un quadro a sua volta il più possibile sicuro sia per il neonato sia per la madre. Il neonato è la compagine ministeriale che ha giurato il primo giugno e che unisce forze – il M5s e la Lega – che si può anche decidere di definire ugualmente “populiste”, ma che in realtà sono molto diverse e duramente contrapposte tra loro. La madre è l’Italia, e noi tutti che in questo Paese lavoriamo (se possiamo), risparmiamo (se ce la facciamo), mettiamo persino su famiglia o la mandiamo avanti (nonostante l’incredibile ostilità di leggi e “ambiente esterno”) e... votiamo (se votiamo, e io – lo sa – sono per andare a votare sempre quando c’è da eleggere il nostro Parlamento).
Il Governo alla fine è venuto alla luce, anche se nessuno può dire quanto durerà. È nato perché chi ha brigato per un ritorno alle urne nel primo autunno tra fanfare anti-euro e anti-Europa, cioè Matteo Salvini, alla fine se l’è fatto piacere e si è adeguato al “contratto” che aveva firmato spaccando il centrodestra di cui – sulla carta – era appena diventato leader. L’onorevole, e nuovo ministro dell’Interno, Salvini si è acconciato a farlo soprattutto perché altrimenti saremmo andati alle urne a passo di corsa tra fine luglio e primi giorni d’agosto. Ma il Governo è potuto nascere anche perché chi si stava facendo trascinare nella corsa alle urne, cioè Luigi Di Maio, e per di più sotto una bandiera tricolore ridotta a folle stendardo da sanculotti e agitata contro il presidente Mattarella, è stato indotto a un soprassalto di lucidità e di responsabilità. Da chi e da che cosa? Dall’«iniziativa» del primo garante della legalità repubblicana, il Capo dello Stato, con l’incarico «di servizio» al professor Cottarelli nonché dai richiami, più o meno pubblici, al realismo e ai doveri di una forza politica diventata – come ho scritto il 29 maggio scorso – «forza egemone» nell’attuale Parlamento che sono arrivati dai garanti (e registi apparentemente fuori campo) del suo MoVimento: Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Vedremo come si scriverà il resto di questa storia. Sperando che non si tenti ancora di propinare qualche altro “attentato” alla nostra intelligenza e al nostro portafoglio. E sia chiaro che quando uso questa espressione, portafoglio, mi riferisco agli italiani onesti che pagano e non evadono le tasse e che vorrebbero vederle usate bene e non sprecate per ulteriori leggerezze amministrative o bruciate a causa di scelte avventurose e, di fatto, complici delle peggiori speculazioni anti-italiane...
Detto questo, torno alle parole che lei mette in fila: sovranismo, populismo, qualunquismo. Beh, penso che il sovranismo non sia affatto una visione politica a favore del popolo sovrano, ma che sia piuttosto l’inganno parolaio di demagoghi che aspirano a farsi loro stessi sovrani. E penso anche che il qualunquismo sia una forma molto pericolosa di populismo, perché ha alla base una radicale mancanza di fiducia e di rispetto per la democrazia e le sue regole e, in ultima analisi, per la persona umana. Ritengo cioè, esattamente come lei, che al qualunquismo sia connaturato un irresponsabile disfattismo. Proprio così, il qualunquismo disfa. Disfa perché si fonda sul mancato “riconoscimento” dell’avversario e, prima ancora, perché nega il ruolo di quelle istituzioni di garanzia senza le quali una democrazia non ha equilibrio né futuro. Disfa perché conduce a un relativismo assoluto nel maneggiare concetti e strumenti della politica e porta alla rottamazione degli ideali solidaristici e di pace (anche sociale) nel nome di un antagonismo aspro verso il nemico, il diverso, lo straniero, soprattutto se “migrante”.
Tuttavia sono e resto, i lettori lo sanno, un inguaribile malato di speranza. E dunque spero che il rischio che lei vede, e che anche io ho denunciato in diverse occasioni a causa di parole e atti sbagliati e intollerabili, possa essere scongiurato. Lo spero perché vedo anche propensioni nella “nuova politica” a farsi carico di questioni e di cittadini e di povertà che la “vecchia politica” ha dimenticato, o troppo poco considerato, e mi auguro per l’Italia e per l’Europa che siano queste a manifestarsi e a prevalere. Ma soprattutto spero perché sono convinto che sia già in atto una civile e cristiana resistenza a quelle tentazioni e a certe pericolose derive. E ho ben chiaro che dovremo fare di tutto per motivare sempre meglio, e per rafforzarla, questa resistenza. Il ritorno del «qualunquismo irresponsabile» non è già scritto e non affatto inevitabile.