Si può far finire le guerre: ci vuole saggezza di piccoli e occhi di anziani
Gentile direttore,
sono un maestro elementare in pensione dal 2006, dopo 37 anni di insegnamento. Nella primavera del 1966, nel doposcuola dove – in una 5ª – prestavo servizio, si parlava con i miei scolari delle guerre che anche allora infestavano il mondo. Uno di quei ragazzini di allora, secondo me con grande attenzione e saggezza, disse: «Il Papa (Paolo VI) prega per la pace, ma sono gli altri che non vogliono!». Anni dopo, in un’altra scuola sempre nei dintorni di Modena, i miei pargoli di 1ª (6-7 anni) scelsero saggiamente il metodo per far finire le guerre: non combattimento totale, ma trattative a oltranza (i termini erano naturalmente adatti all’età dei bambini) senza sparare un colpo, fino alla pace definitiva... e poi si sente dire che sono i bambini a non comprendere certi problemi!
Gianluigi Fiori, Modena
Sono d’accordo con lei, gentile e caro amico. Direi che è indispensabile la saggezza dei bambini, a cui buoni maestri e buoni genitori (come lei e come mia madre Graziella, che era una sua collega, maestra sin nell’anima) hanno insegnato a ragionare e a riconoscere le ingiustizie e a denunciarle con vigore, ma anche che «quando si arriva alle mani, ha ragione solo chi smette per primo». Così semplice, da sembrar banale: ma che mondo sarebbe se vivessimo davvero secondo questo principio? Credo, poi, che siano molto utili anche gli occhi degli anziani: invecchiando, si fa sentire l’esperienza e lo sguardo si approfondisce e se si conserva (o si ritrova) almeno un briciolo della saggezza dei piccoli si può davvero sperare di riuscire a sovvertire nelle cose minime come in quella grandi la logica della guerra.