Opinioni

La catechesi del Papa. Lettera ai Galati, serenità non vecchie controversie

Marco Cassuto Morselli e Giulio Michelini domenica 5 settembre 2021

La Lettera ai Galati è una lettera veemente, concitata, fortemente polemica. Shaul/Paolo di Tarso sente messa in discussione la propria autorità apostolica e compromessa la propria opera missionaria da parte di alcuni che cercano di insegnare dottrine diverse da quelle da lui sostenute a proposito della circoncisione per i non ebrei che arrivano alla fede in Gesù di Nazaret. Se, come sembra, tale lettera è stata scritta dopo il Concilio di Gerusalemme, va osservato che le decisioni prese in quella sede erano molto chiare a riguardo degli obblighi che i non ebrei credenti in Gesù Messia avrebbero dovuto assumere: «È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose» (At 15,28-29).

Vi erano alcuni che non approvavano queste decisioni e che pertanto volevano imporre la circoncisione e ciò che ne conseguiva anche ai credenti ex gentibus. È contro costoro che si scaglia l’apostolo. È purtroppo in questo contesto concitato e polemico che Shaul/Paolo affronta per la prima volta questioni di cruciale importanza, quali il rapporto con la Torah e la giustificazione per fede, tematiche fondamentali per tutta la storia successiva della Cristianità e per il rapporto tra ebraismo e cristianesimo. Per affrontare i problemi posti da questo testo è bene ricorrere a un confronto con quello che è considerato il testamento spirituale di Paolo, ossia la Lettera ai Romani, in cui le stesse tematiche vengono presentate in modo più sereno ed equilibrato. Di fondamentale importanza è tenere presente che, a partire dalla sua esperienza spirituale sulla via di Damasco, Paolo è profondamente convinto che l’olam ha-zeh (il tempo presente) sia finito e che con l’avvento del Messia abbia ormai avuto inizio l’olam ha-ba (il mondo a venire). Tutta l’argomentazione di Paolo, insomma, si basa sulla convinzione che questo mondo sia ormai finito e che la generazione a lui contemporanea avrebbe assistito alla parusia, come scrive nella Prima lettera ai Tessalonicesi.

Poiché invece il mondo è durato altri duemila anni, la Lettera ai Galati, certamente al di là delle intenzioni dell’autore, è diventata successivamente uno strumento di propaganda polemica contro la Torah e contro coloro che cercano di esserle fedeli, gli ebrei. La catechesi di papa Francesco su Galati, iniziata il 23 giugno 2021 e proseguita per ora fino al 1° settembre, ha dato origine a una richiesta di chiarimenti da parte ebraica e poi a una serie di interventi successivi, tra cui quello del Rabbino capo di Roma del 2 settembre 2021 (su 'La Repubblica'). La linea più recente di studi su Paolo si chiama « Paul within Judaism » (Paolo nel giudaismo) per non tornare al tradizionale « Paul against Judaism » (Paolo controil giudaismo) occorre a nostro avviso precisare alcuni punti. Il problema principale nasce dall’identificazione del destinatario della Lettera ai Galati: Paolo qui non si rivolge ai «cristiani», o a ebrei che credono nella messianicità di Gesù, ma ai «non ebrei », e non vuole che essi si circoncidano. Se non si tiene conto di chi è il destinatario della lettera, ecco che essa diventa una lettera contro la Torah, e quindi contro gli ebrei e l’ebraismo, il che non era nelle intenzioni di Paolo.

Il fraintendimento del destinatario ha una ripercussione sull’ermeneutica del testo. La questione del rapporto tra l’Alleanza, la Promessa e la Torah è una delle più complesse del cristianesimo e una delle più problematiche nel rapporto tra ebrei e cristiani. Affrontare insieme questi delicati argomenti è quanto mai necessario e utile, un segno di fiducia nei frutti di un sereno dialogo. In tempi così drammatici come quelli che stiamo vivendo, e in cui l’antisemitismo in tutte le sue forme ritrova nuovo vigore, l’umanità avrebbe bisogno di tutt’altro che del ritorno alle vecchie controversie giudaico- cristiane.

Marco Cassuto Morselli è filosofo e storico dell’ebraismo, presiede la Federazione delle amicizie ebraicocristiane in Italia

Giulio Michelini è francescano e biblista, insegna all’Istituto Teologico di Assisi