Opinioni

Un urlo per dire la vita. Le verità del bambino che grida «ti amo»

Ferdinando Camon sabato 23 marzo 2019

Nella tentata strage del bus pieno di bambini, che l’autista doveva riportare a scuola dopo un’attività ricreativa e che invece portava alla morte, si sente un grido nel marasma delle voci, un grido strano, incoerente e assurdo: 'Ti amo!'. Ho qui una mazzetta di giornali. Da uno pare che quello sia stato il grido di un ragazzino, mentre scappava a tutta birra lontano dal bus che bruciava. Ma da altri giornali pare che quel grido sia stato lanciato da più ragazzini, euforici, sgasati, entusiasti di essere salvi e di nuovo in corsa nella vita. Perché gridano 'Ti amo'? Perché adesso? Perché in molti? A chi gridano?

Un giornale ha rintracciato uno di questi ragazzini e lo ha intervistato. Nella conversazione quel grido si spiega e di colpo rivela il mondo dei nostri figli nell’età della scuola media: è effettivamente un grido d’amore, che erompe dalla gola con la forza della verità, una verità che prima la vita reprimeva e soffocava, e a cui l’imminenza della morte ha spalancato la via per spandersi sul mondo. Prima il ragazzo non aveva la forza neanche di sussurrare quelle parole alla diretta destinataria. Perché poteva rimandare, la vita era infinita, dirglielo poteva esporre allo scacco, aspettiamo l’occasione buona. Ma nel bus spruzzato di benzina, con un guidatore folle che agita un accendino, questi ragazzi nel pieno della vita si son visti a contatto con la morte, han sentito che la vita è completa solo se dice la verità, solo la verità ha un senso, il ritegno che la blocca è insensato. Han 13 anni, non capiscono tutto, ma quel che capiscono gli basta. Non è la scoperta di uno o due singoli ragazzini, come individui. È la scoperta di tutti, come generazione. Inaudito: la ragazza a cui il ragazzo che ha visto la morte grida 'ti amo' risponde con lo stesso grido. Non c’è più tempo per nascondere o mentire. La morte, anche solo quella porzioncina che possono capirne i tredicenni, impone la verità.

Quel che uno dice in punto di morte è certamente vero. È il suo testamento. Dal testamento deduci se colui che lo fa ama o non ama, chi ama e chi no. Se ci sono due figli, e chi muore lascia tutto a uno e niente all’altro, questo è figlio di un altro. Maupassant ha costruito un romanzo su questo tema, 'Pierre et Jean'. L’ultimo minuto della vita è più importante di tutti gli anni precedenti, per questo la vita va vissuta tutta intera ed è un atto grave accorciarla anche di un solo minuto, per qualsiasi ragione. 'Dire la verità a tutti' vuol dire 'pubblicare': il ragazzino che vuol gridare a tutti il suo amore mi fa venire in mente l’autore che prega Dio di non morire se prima non ha pubblicato il romanzo che ha ancora chiuso nel cassetto. Questo ragazzo che grida dal bus in fiamme aveva la sua 'Vita Nova' chiusa nel cassetto, con quel grido la pubblica. Dopo che si sono salvati, i ragazzini del bus in fiamme mentiranno infinite volte nella vita, ma in quel momento dicono la verità. E lo capiscono quelli che gridano e quelli che sentono. Tutti.