Le spiegazioni che Malta deve dare e un giornalismo di cuore e di dignità
Gentile direttore,
mi ha molto colpito lo scoop di “Avvenire”, a firma di Nello Scavo, su ciò che accade nelle acque tra Nord Africa ed Europa. Malta non soccorre i migranti e li dirotta verso il nostro Paese nel silenzio generale. Navi prossime al naufragio lasciate nel limbo e motori sostituiti in mare. Ormai è chiaro che La Valletta è complice della Libia. Quello che non è chiaro è perché la Comunità internazionale non interviene e consente che questa situazione vada avanti.
Gabriele SaliniIl valore di quanto abbiamo scritto in una serie di rigorosi reportage di Nello Scavo culminata nelle pagine dedicate su carta e sul web alle violazioni da parte della Marina di Malta del dovere di soccorso dei naufraghi, sull’aggiramento di regole internazionali e probabilmente anche della leggi di quello Stato e sul serio colpo ai rapporti di buon vicinato con l’Italia, nonché sui collegamenti di personaggi maltesi con i trafficanti di esseri umani dalla Libia, è accresciuto da una inequivocabile documentazione fotografica e video. La ricostruzione operata da Scavo a proposito di quel che è accaduto e ancora potrebbe accadere in vista delle coste maltesi è solida e rivelatrice. Perciò, gentile signor Salini, credo proprio che la reazione della Comunità internazionale verrà. E, per quanto riguarda il nostro Paese, penso che già in queste ore il Ministero degli Esteri italiano stia chiedendo spiegazioni alla controparte maltese. Malta è una nazione amica e ancor più sorella, è parte dell’Unione Europea, la sua cultura ha diverse anime eppure è legata in modo profondo alla nostra e, indissolubilmente, ai valori di solidarietà che sono propri della fede cristiana. Per questo la ferita è così dolorosa e grave. Non si tratta di formalità violate, ma di umanità tradita.
Siamo solo cronisti, non giudici. Ma cronisti con l’anima, o almeno ci proviamo: facciamo cioè parlare i fatti nel rispetto della verità e non rinunciamo all’impegno morale e professionale accanto ai più deboli, ai piccoli e fragili, ai senza potere. Sono tratti tipici del giornalismo di “Avvenire”. Un giornalismo che – grazie a un Editore “speciale” come la Cei – ha ispirazione dichiarata e, dunque, solidi valori di riferimento, ma non ha pregiudizi da imporre o tesi precostituite da affermare. È il giornalismo – dico spesso – di chi ha occhi per vedere, lucidità per capire e far capire, voce per farsi sentire. Ripeto, ci proviamo ogni giorno. E più o meno ci riesce. Anche perché abbiamo abbastanza cuore e dignità per non ridurci a compilatori di notiziari o a inseguitori di scoop a qualsiasi costo. Questo è il metro che usiamo da sempre e con tutti. Con governi, organizzazioni, personaggi (italiani o di altri Paesi) di ogni colore politico e di qualsiasi orientamento. Così, naturalmente, anche stavolta.