Opinioni

Ricerche. Forse non lo sanno, ma le persone sposate sono più felici

Massimo Calvi giovedì 20 marzo 2025
Forse non lo sanno, ma le persone sposate sono più felici

Nel giorno in cui si celebra la felicità – sì, c’è una Giornata internazionale anche per questo - è facile sentirsi un po’ tristi: sembra un po’ la festa di qualcun altro. Ma chi è poi questo “altro”? Esiste? C’è veramente qualcuno capace di sentirsi e di dichiararsi felice, qui e ora, oggi?

Il fatto è che la felicità è l’aspirazione di tutti, un desiderio proiettato nel futuro, ma allo stesso tempo è anche qualcosa che conosciamo bene, perché possiamo ricondurla a precisi eventi del passato. Contesa da nostalgia e speranza, insomma, forse anche un po’ tenuta a bada dalla scaramanzia, minacciata dal primo problema che viene in mente tra i molti che popolano il fitto calendario delle scadenze, la felicità non ha vita facile. E la cronaca, un grande alibi, non aiuta, ma in fondo è così da sempre. Non solo in questa epoca dominata dall’ansia.

Forse una Giornata serve proprio a questo: non a chiederci se siamo, o quantomeno possiamo provare a dirci, felici, ma a riconoscere i segni di questa felicità. Un modo per capire di quale esercizio si tratti, e quali insidie riservi – ma è solo un esempio – è guardare alle ricerche che dimostrano che le persone sposate sono più felici di quelle non sposate.

Si può sorridere: ma dai! Ci sono coppie che soffrono, altre che si sono lasciate o lo faranno, eppure sembra non esserci scampo: se i ricercatori fanno domande sulla felicità alle persone, cioè quando in fin dei conti si deve rispondere “sì” o “no” o “forse”, o dare punteggi, ecco che lo stato civile risulta essere un chiaro predittore del benessere individuale. E gli sposati, sottintendendo quelli che resistono e continuano ad esserlo, viene fuori che sono più felici.

Non c’è una grande differenza tra ricchi o poveri, maschi o femmine, vecchi e giovani, istruiti o meno: gli sposati sono sempre più felici. Ci può essere una fase migliore all’inizio della relazione coniugale, poi una flessione, e una ripresa più avanti con gli anni, ma in linea di massima il matrimonio, quando resiste, è una garanzia. Una ricerca condotta negli Stati Uniti utilizzando i dati del General Social Survey tra il 1972 e il 2018 ha trovato che tra la felicità dei coniugati e quella dei single c’è addirittura una differenza di 30 punti percentuali. Tra l’altro, a quanto risulta, non sono i figli a fare la differenza, e nemmeno il fatto di avere più o meno rapporti sessuali: è proprio il matrimonio. Va detto che anche i conviventi stabili risultano più felici della media, il “vantaggio” della felicità però è molto più basso rispetto a chi ha celebrato il matrimonio.

Qualcuno potrebbe sostenere che le persone più felici si sposano più frequentemente, ed è anche probabile che l’accettazione sociale della convivenza arrivi ad assottigliare la differenza nella felicità tra i diversi tipi di relazione, ma questi aspetti sono abbastanza marginali. La cosa importante, il cuore della questione, si trova scavando oltre la superficie. Perché non è vero che «tutte le famiglie felici sono uguali», come la grande letteratura ha insegnato: al pari di quelle infelici, se ci si pensa bene, anche ogni famiglia felice lo è «a modo suo». Si tratta solo di riconoscere l’originalità e la bellezza della propria storia.

«Il matrimonio cristiano è il sacramento del farsi dono, l’uno per l’altra, dell’uomo e della donna», ha detto papa Francesco in una recente catechesi sulla famiglia. Così, in un giorno in cui su internet, nelle reti sociali, in radio, in tv e su qualche giornale, si parlerà di felicità e dintorni, ecco l’occasione di riflettere sulla gioia che agli sposi è data di vivere, adesso e per sempre. Delle ricerche e delle Giornate dovrebbe importare poco: non si è felici in virtù di una cerimonia “con l’abito e i fiori”, ma perché a un desiderio è stato concesso il dono della speranza. Riconosciamola, allora, e poi mostriamola, questa felicità.