Opinioni

Eutanasia e cannabis, successo online. Le nuove libertà e le parole diverse

Francesco Ognibene domenica 19 settembre 2021

Che il referendum per la cannabis legale abbia raccolto mezzo milione di firme in una settimana è una notizia. Ma che oltre la metà siano adesioni di italiani tra i 18 e i 25 anni lo è pure di più. Anche perché si salda all’ampia quota di giovani che hanno sottoscritto l’altro quesito libertario in corso, quello per l’eutanasia. Si incrociano qui diverse domande, cui nessuno può sottrarsi pensando che – magari perché in disaccordo – la cosa in fondo non lo riguardi.

Cosa ci dice del mondo giovanile questa adesione così larga e immediata – il referendum eutanasico è oltre il milione di firme in meno di tre mesi – a proposte che ci parlano, l’una, di libertà di 'sballare' e, l’altra, di 'morte a richiesta'? Che tipo di condivisione esprime l’adesione ultrarapida (non più di due minuti per tutta la procedura) con la firma online, che spiega il successo tra i più giovani, rispetto alla tradizionale sottoscrizione al banchetto in strada? A campagne che puntano su parole chiave come 'libertà' e 'diritti' quale messaggio si può opporre, che non suoni negazione stantìa degli spazi di autonomia individuale? E perché nel flusso mediatico prevalente pare di non udire alcuna voce dissenziente, come fosse venuta meno la stessa voglia di alimentare un confronto vero?

Non c’è dubbio che i radicali, promotori instancabili di entrambe le campagne, vada riconosciuta la consueta perizia nell’allestire operazioni che con la scelta di narrazione, dizionario e protagonisti interpretano il clima del tempo. Nessuno sano di mente vuole soffrire, esperienza che oggi appare priva di senso; tutti desideriamo essere liberi, sempre; altrettanto scontata è la preferibilità dei 'diritti' sui doveri, pur argomentati; e nella società della tolleranza molti vedono con favore l’uscita dallo stigma dell’illegalità di comportamenti considerati devianti, ma che godono di una sostanziale condiscendenza, specie del mondo adulto, che i giovani non fanno che amplificare.

A svegliarci – forse – dal torpore della ragione indotto da questa suadente cantilena ('Vuoi essere libero fino alla fine? Vuoi lasciar liberi gli altri di fare quello che vogliono, tanto a te non cambia niente?') arrivano voci stonate come quella di chi afferma che legalizzare la cannabis è 'l’atto più antimafia che possa fare' la politica, e che farlo sarebbe un gesto per 'il bene dei giovani': affermazione, quest’ultima, che sfida il buonsenso di genitori, educatori e degli stessi ragazzi che vedono bene ogni giorno la palude in cui scivolano i consumatori di cannabis, in un crescendo di asocialità, indifferenza e vite 'bruciate', per tacere della spirale spaventosa che per i soldi della 'roba' fa di loro in breve piccoli spacciatori senza scrupoli. Una piaga che è un grido, perché arriviamo tutti a sentirci responsabili di questi ragazzi che si perdono, altro che incoraggiarli a consumare. 'Allora legalizziamo – rispondono le voci libertarie –, la criminalità vedrà prosciugarsi i suoi affari'.

La realtà è ben diversa: il narcotraffico i soldi veri non li fa certo con la cannabis ma con le droghe pesanti, alle quali la 'canna' avvia schiere di nuovi consumatori. Basta ascoltare le comunità di recupero alle quali chiede la liberazione – quella vera – dalla schiavitù della droga chi aveva cominciato sempre con un po’ di 'semplice fumo'. Ma non basta. È tutta da discutere l’idea di uno Stato che, a referendum approvati, finirebbe col sommini-strare la morte per eutanasia e vendere droga: un modello di neutralità raggelante sui valori che orientano le scelte dei cittadini.

Per tacere dello 'Stato spacciatore' che non combatte più la dipendenza da stupefacenti – certissima e devastante – e preferisce diventarne promotore, incassando miliardi dalla vendita di sostanze psicotrope. È l’identico ragionamento di chi sostiene l’azzardo legale, con lo 'Stato biscazziere' che finge di non vedere i disastrosi effetti sociali delle patologie alimentate dal suo stesso placet. Di questi e altri argomenti nel dibattito pubblico non c’è quasi traccia: come se i 'diritti facili' avessero già vinto, e le adesioni ai referendum libertari attestassero un successo cui è inutile opporsi.

Ma proprio dentro lo scarsissimo appeal delle 'ragioni difficili' sta la domanda sulle nostre omissioni educative, che hanno spianato la strada alla spensierata adesione dei più giovani a campagne di morte a colpi di tap sullo schermo dello smartphone, come fosse shopping online. Di qui, adesso, passa una chiamata per tutti noi alla responsabilità e al coraggio: di dire parole diverse, documentare diritti autentici, e dar conto di ben altre libertà. Non tiriamoci indietro.