Dopo la pandemia. Le città e gli spazi della movida: come ripensare la convivenza
Movida sul Naviglio Grande a Milano
La pandemia ha segnato uno spartiacque decisivo per quanto riguarda la vita di tutti noi e la frequentazione degli spazi urbani nel tempo libero. E ciò vale soprattutto per i giovani, che si sono trovati per mesi impediti nel vivere la loro socialità in libertà e serenità, ad esempio nei luoghi delle movide. La riconquista degli spazi di divertimento e convivialità abituali, che è attualmente in corso, va considerata con particolare attenzione da parte di chi ha tra i propri obiettivi quello della riprogettazione e riqualificazione delle nostre città.
Al tema delle movide romane e milanesi “pre” e “post” pandemia sono state dedicate tre ricerche condotte insieme dall’Osservatorio Giovani e Alcol (OPGA) e dal CNR CID-Ethics, collaborazione iniziata nel 2018, e che si è concretizzata in due studi dedicati rispettivamente ai contesti della movida romana di Ponte Milvio e San Lorenzo, e alle movide milanesi di Navigli, Colonne di San Lorenzo e Isola, più una ricerca su giovani e lockdown. In tutti tre i casi le ricerche si sono mosse lungo due linee complementari: l’indagine tramite interviste dedicata ai giovani frequentatori delle zone selezionate e quella svoltasi attraverso interviste ad alcuni testimoni privilegiati, tra cui amministratori locali, rappresentanti delle associazioni di cittadini, esperti delle tematiche giovanili e gestori dei locali interessati dalla movida.
Dai primi due studi sulle movide di Roma e Milano è emerso quanto sia significativo il delicato rapporto che i giovani intrattengono con l’offerta di tempo libero, i luoghi di incontro e scambio e la convivialità con i coetanei. I ragazzi scelgono una zona piuttosto che un’altra, per il loro divertimento serale, in base a gusti personali, all’offerta dei locali e alla praticità per gli spostamenti, con una certa “fedeltà” nella frequentazione. I giovani appaiono in generale poco consapevoli della conflittualità esistente con i residenti dei quartieri, mentre per loro i principali problemi sono l’affollamento delle strade – con gli annessi disagi per la viabilità – e i rari episodi molesti dovuti all’abuso di alcol o altre sostanze. Allo stesso tempo trovano per lo più inutili o facilmente aggirabili le ordinanze emanate dall’amministrazione comunale volte a regolare il fenomeno movida, mentre ritengono più utile una maggiore presenza sul territorio delle forze dell’ordine.
Dall’altra parte i residenti, i comitati dei cittadini, gli esercenti e l’amministrazione comunale, pur con differenze nelle movide considerate, esprimono un punto di vista diverso, sentendosi penalizzati rispetto ai cosiddetti “city users” e lamentando un eccesso di offerta nell’ambito dell’industria del divertimento a scapito di tutto il resto, come i negozi tradizionali e a favore di una “monocultura” di bar, pub e ristoranti. Anche se in molti casi riconoscono che in alcune zone la nuova offerta ha portato a un miglioramento della situazione, grazie a gestori che hanno prestato attenzione alla qualità più che alla quantità della clientela e dei consumi. In generale, i due studi sulle movide di Roma e Milano confermano il carattere prevalentemente ludico e socializzante del fenomeno, che rappresenta per i giovani la modalità attraverso la quale momenti e luoghi della socializzazione si incastrano nei vissuti e nei tempi di studio e di lavoro, fornendo un terreno e uno spazio di confronto, di convivialità e di crescita personale e di gruppo.
Non mancano, naturalmente le criticità – come il rapporto a volte conflittuale con i residenti, i problemi di affollamento e viabilità – che dipendono però spesso da una non adeguata gestione dei luoghi in termini di rispetto delle regole e di offerta di supporti organizzativi e di controllo. Il che rimanda al tema dello sviluppo della qualità urbana. L’ultimo anno e mezzo di pandemia ha prodotto un momento di blocco e di crisi rispetto alle movide, ed è ancora presto per capire quali cambiamenti di lungo periodo si stiano determinando nel modo di vivere lo “stare insieme” da parte dei frequentatori. Al rapporto tra movide e lockdown da pandemia è stato pertanto dedicato un terzo studio, sempre a cura dell’Osservatorio Giovani e Alcol (OPGA) e del CNR CID-Ethics, che ha inteso sondare atteggiamenti e comportamenti dei giovani di Roma e Milano nel periodo del lockdown attraverso interviste a 240 ragazzi tra i 18 e i 30 anni.
Ne è emerso che la maggioranza dei ragazzi intervistati si è attenuta alle regole, anche se solo nel 30% dei casi senza difficoltà. I più giovani in particolare (1821 anni) sembrano aver faticato più degli altri ad adattarsi: lo afferma il 75% dei 18enni milanesi e il 64% di quelli romani. I partecipanti al sondaggio hanno sofferto molto nella sfera relazionale (oltre l’80%), ma anche in quella psicologica, in particolare nella fascia d’età 22-26 a Milano e 26-30 a Roma. Rispetto ai consumi di bevande alcoliche, a Milano il 48% non ha cambiato abitudini, il 21% si dichiara astemio, il 14% ha bevuto meno alcolici, e l’11% di più. Di coloro che hanno bevuto più drink in una sola occasione sia prima che dopo il Covid, pari al 7% degli intervistati, il 5,1% lo ha fatto più di prima, e l’1,4% meno di prima.
A Roma il 41% non ha cambiato abitudini di consumo, il 29% è astemio, il 14% ha bevuto meno alcolici ed il 5% di più. Del 2% che dichiara di aver bevuto più drink in una sola occasione, il 5% dice di averlo fatto meno di prima ed il 4% più di prima. I giovani romani dichiarano di aver provato meno paura per il contagio rispetto ai loro coetanei milanesi, forse per la diversa diffusione del virus nel Paese, mentre tra maschi e femmine sono queste ultime ad aver patito di più il timore per la pandemia, cosa che si evince anche dal fatto che hanno modificato più dei maschi le proprie abitudini nei consumi di alcol durante l’emergenza sanitaria: a Milano il 17% ha bevuto più frequentemente, contro il 5% circa dei ragazzi, e il 18% ha bevuto meno contro una media del 14% (calo concentrato soprattutto nella fascia d’età 22-25 anni). Dai dati raccolti emerge anche una percentuale di astemi del 21% a Milano e del 29% a Roma.
L'atteggiamento verso le riaperture e la possibilità di tornare ad una forma di divertimento vicina a quella pre-pandemia è simile nelle due città. La maggior parte (46%) ha intenzione di riprendere le stesse abitudini, tendenza che emerge in modo particolare tra i diciottenni romani: quasi il 65% dà questa risposta, contro il 46% dei milanesi. La ricerca pone numerosi interrogativi agli amministratori delle città rispetto all’importante tema del rapporto tra giovani e spazi urbani per l’intrattenimento. Sembra di poter dire che l’indicazione che ne esce è quella di una sostanziale tenuta dei comportamenti dei giovani tra 18 e 30 anni in epoca di pandemia e di lockdown, ma al tempo stesso quella della necessità di porre maggiore attenzione agli obiettivi di rivitalizzazione e riqualificazione delle modalità di rapporto tra giovani e luoghi di divertimento. Dopo la lunga fase di confinamento il bisogno di socialità e aggregazione è pressante. I governi delle città dovrebbero quindi prendere seriamente in carico questa sfida, impegnandosi in una progettualità dei quartieri e del tempo libero su basi nuove e più creative, abbandonando la nozione del divertimento come competizione sugli spazi e tra generazioni, e costruendo processi di convivenza con ricadute e benefici su tutte le componenti della vita urbana.