Il bilancio. È l'azzardo la vera pandemia: 1.830 euro di spesa pro capite
Una donna gioca alle slot machine
Sulla resistibile ascesa dell’azzardo va fatta un’errata corrige riguardo le cifre del 2019. I dati definitivi (*) superano di un bel po’ le proiezioni formulate a metà tappa. E così si aggiunge un miliardo e 600 milioni di euro: in conclusione quel che hanno giocato gli italiani lo scorso anno ammonta esattamente a 110 miliardi e 447 milioni di euro o, se si preferisce, a quasi 110 miliardi e mezzo.
E non a 'soli' 108 virgola 8, com’era nelle anticipazioni presentate a mo’ di exit poll. Appare, nelle dimensioni effettive, l’amara verità dei numeri del gioco d’azzardo, che prosegue inesorabile la marcia nelle contrade del Belpaese, rosicchiando – tra il 2018 e il 2019 – un altro 2 per mille di Prodotto interno lordo. Come se non fossero bastati quei 107 miliardi di euro nel 2018.
Dunque, è stata superata anche la soglia psicologica della cifra tonda (per l’appunto il 110): grazie al salto del canguro sul divieto di pubblicità e delle misure di contenimento adottate da molti comuni, la grande Armada delle società di scommesse, lotterie e slot-machine (tipo 'a' e tipo 'b') fidelizza i vecchi clienti e ne arruola di nuovi.
A dispetto di limitazioni e altri ostacoli, il consumo di giochi con denaro e per denaro gode della fidelizzazione efficace dei clienti: la dipendenza, come per l’alcol in abuso, quando si continua a bere senza sete. Ed è curioso che l’industria delle manifatture, il terziario dei servizi, il commercio e l’economia del turismo non afferrino che sullo stato di dipendenza dei consumatori poggi un ingiusto vantaggio competitivo, cioè di mercato, delle imprese dell’azzardo.
La gerarchia delle spese quotidiane viene infatti sovvertita: si rinuncia a rinnovare l’abbigliamento, non si va in vacanza e si evita la serata in famiglia al ristorante. Mentre si continua a spendere più denaro in lotterie e slot-machine e a inviarlo ai casinò online. Anche le spese di salute sono rinviate, per esempio le cure ai denti dei bambini: si fa sempre meno prevenzione, come mostra il dato di un taglio del 34%, cioè di oltre 600mila interventi soft, alle otturazioni per le carie, diffuso d’associazione dei medici specialisti.
La conferma è in un viaggio, rapido e accurato, nelle venti regioni italiane. Per la prima volta con i dati del 2019 appena concluso si ha un quadro completo, sia per quanto riguarda il denaro versato nelle istallazioni dentro sale fisiche, sia per il giro di soldi nelle piattaforme digitali dei siti online. Ecco il panorama, con una tavola che parla a chi voglia intenderne il senso. Ponendo in relazione l’importo totale del consumo, quale si distribuisce nelle singole regioni, con il numero di abitanti, colpisce che regioni particolarmente segnate dalla crisi economica siano ai vertici della classifica: l’Abruzzo e la Campania.
Nelle loro province si è ampiamente superata la barriera dei duemila euro a persona di spesa annua. In media, vale a dire per una comparazione statistica procapite, a ogni italiano va attribuito un consumo lordo di gioco d’azzardo pari a 1.830 euro in un anno: più di 152 euro al mese. Neonati e ultranovantenni inclusi. Sopra il valore medio, si colloca per l’appunto l’Abruzzo, che si distacca dalle regioni confinanti – Molise, Lazio e Marche – rispettivamente per 17, 12 e 24 punti percentuali. Una proporzione davvero allarmante.
Ed è proprio la contiguità territoriale e la somiglianza del tessuto sociale tra queste regioni Italia che fanno risaltare con immediatezza il legame con la sofferenza della vita dopo il terremoto, e perciò l’approfittamento che ne fa l’industria dell’azzardo. Il Centro d’Italia, l’Abruzzo prostrato dalla tragedia del sisma, è esposto indubitabilmente al business aggressivo delle scommesse e delle apparecchiature del gambling, nella dimissione dello Stato dal compito di proteggere i cittadini. Unici anni dopo il terremoto. In controtendenza va solo il Piemonte.
E lo possiamo documentare, correggendo quanto avevamo ricavato dalle prime anticipazioni dai dati poi risultati incompleti per difetto. Sì, le province di quella Regione hanno continuato a giovarsi della protezione della legge che a fine 2017 aveva allontanato dai luoghi sensibili le istallazioni del gioco d’azzardo. I due valori di riferimento – il consumo per persona di azzardo 'territoriale' e di quello digitale – pongono la Regione sabauda al di sotto, per 14 punti percentuali, della media nazionale. E per il solo gioco con supporto fisico il divario è di quasi 15.
Lì, effettivamente, si è avuto un contenimento dei danni per la Salute che la Regione aveva reso possibile nella precedente legislatura. E che ora le lobby vogliono cancellare, con una reformatio in peius delle norme del 2016. Insomma, nel bilancio del 2019, come si presenta il panorama in Italia? Con un netto peggioramento dello stato di salute quasi ovunque. Vi è la progressione di un continuum della patologia sociale che si incarna nella sofferenza quotidiana delle persone e delle famiglie.
Detto in altri termini: questi numeri denunciano che prosegue la sequenza che trasforma il giocatore da occasionale in abitudinario; quello che pratica l’azzardo in modo costante diviene 'problematico'; dal problema, cioè, dall’eccesso difficile da controllare, si scivola nel disturbo clinico da gioco d’azzardo, come con l’acronico 'Dga' lo classifica il Servizio Sanitario Nazionale. La punta dell’iceberg per la salute pubblica. Ancora più esplicitamente: al dilatarsi dell’area della popolazione che sta appena un gradino sotto la dipendenza, corrisponde un veloce passaggio dall’epidemia alla pandemia. Quel che contrassegna l’Italia in eloquente cronicizzarsi della sua crisi economica e sociale. Nella più beata incoscienza delle classi colte, delle autorità e degli apparati, compresi alcuni accademici ben condizionati.
Insomma, tra comportamento in patologia clinica, quello appena subclinico e l’abitudinario, il gioco d’azzardo in Italia costituisce un’emergenza innegabile. Se tanti dettagli sullo sfondo (conflitti interpersonali, episodi estremi di autolesionismo, boom di casi di fallimento per debiti delle famiglie, depressione della domanda interna di beni e servizi) venissero accostati a questo fenomeno di grave impatto sociale e individuale, cadrebbe il velo su una delle principali ragioni della crisi italiana da 12 anni in qua.
(*) Le cifre riportate in questo articolo sono un'anticipazione esclusiva di dati dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli