La giornata. Lavoro, famiglia, donne e santità: una “agenda” per il 1° maggio
L'omaggio del Papa alla statua della Madonna di Fatima
È uno straordinario giorno il 1° maggio. Un giorno che racchiude in sé diversi significati, anche se ha finito per prevalere, dal 1889 in poi, quello della Festa dei Lavoratori, nata in seno al Congresso di Parigi che inaugurò la Seconda Internazionale. Si volevano allora ricordare i sanguinosi fatti di tre anni prima a Chicago, quando i sindacati proclamarono lo sciopero per ottenere la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. Non bisogna però dimenticare che il 1° maggio 1955 Pio XII istituì la Festa di San Giuseppe lavoratore, per dare al mondo del lavoro il suo patrono. E che in questo stesso giorno comincia il mese tradizionalmente dedicato a Maria, secondo una consuetudine che risale al Medio Evo e che si è sviluppata progressivamente fino a raggiungere una sua prima “codificazione” nel XVIII secolo, grazie al gesuita Annibale Dionisi (1679-1754). Fu il religioso veronese a pubblicare infatti nel 1725 un libro dal titolo “Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria con l’esercizio di vari fiori di virtù proposti a’ veri devoti di lei” e a proporre che la devozione mariana fosse vissuta anche durante le attività quotidiane.
Da questa straordinaria stratificazione storica emerge dunque un altrettanto straordinario quadrinomio di elementi che sembrerebbero lontani (o talvolta anche in contraddizione tra loro) e che invece sono intimamente correlati oltre che di grande attualità: lavoro, santità, famiglia e ruolo della donna.
Per decenni il tema del lavoro è stato monopolizzato dalla visione prometeica della “condanna” seguita alla ribellione, rispetto alla divinità prima e del ceto padronale poi, specie con l’avvento del marxismo e della lotta di classe, in seguito alla rivoluzione industriale con i suoi corollari di sfruttamento e di proletariato. Non si vogliono certamente sminuire qui i meriti di oltre un secolo di lotte sindacali per l’affermazione dei diritti dei lavoratori, di cui il 1° maggio era e resta il fiore all’occhiello. Ma non si può sottovalutare neanche la rivoluzione copernicana operata in questo ambito dal magistero sociale della Chiesa che affonda le radici nella Rerum Novarum di Leone XIII, passa attraverso l’insegnamento di san Escrivà de Balaguer ripreso dal Concilio Vaticano II (il lavoro è occasione di santificazione) e giunge fino alla Laborem Exercens di san Giovanni Paolo II (che il lavoro in fabbrica aveva sperimentato da giovane e cantato nelle sue poesie) dove l’attività lavorativa è vista non più come condanna, ma anzi come partecipazione all’opera del Creatore e dunque come dignità imprescindibile dell’uomo.
L’intuizione di Pio XII di collegare alla giornata del 1° maggio la figura del carpentiere di Nazaret si rivela dunque in quest’ottica estremamente feconda. Con San Giuseppe lavoratore, casto sposo della Vergine e padre putativo di Gesù, il tema del lavoro viene definitivamente collegato non solo alla santità (in quanto strumento che permette di raggiungerla attraverso il quotidiano), ma anche all’Incarnazione, cioè al disegno di salvezza di Dio sugli uomini e le donne di ogni tempo, e in definitiva alla famiglia. Papa Francesco ha detto da questo punto di vista parole mirabili, ricordando come il lavoro sia determinante non solo per l’onesto e dignitoso sostentamento di ogni nucleo familiare, ma anche per consentire ai giovani di progettare il proprio futuro di coppia, mettendo al mondo dei figli e contrastando così anche il pauroso inverno demografico che stiamo vivendo.
Lavoro, santità, famiglia. E dulcis in fundo Maria. Non è una contraddizione, anzi possiamo vedervi una segno provvidenziale, che la Festa dei Lavoratori coincida con il primo giorno del mese dedicato alla “Casalinga” più famosa di tutti i tempi. Perché, a parte ogni discorso sulla immensa dignità del lavoro casalingo (specie quando è abbracciato volontariamente e in totale libertà), la Madonna sta in rapporto diretto con ognuno degli altri tre termini del quadrinomio. Sì, anche con il lavoro tout court, di cui ha osservato le dinamiche vivendo con il marito e il Figlio negli anni nascosti di Nazaret. Se infatti san Giuseppe è il patrono dei lavoratori, da Maria ogni lavoratore, uomo o donna che sia, può imparare lo spirito di servizio (vedi la Visitazione a Elisabetta) che è l’esatto contrario del carrierismo e della prevaricazione; la capacità di studio e di riflessione («serbava tutte queste cose nel suo cuore») che è antidoto al pressapochismo e all’incompetenza; e la capacità di sperare contra spem (nell’ora della morte di Gesù mai ha dubitato della Risurrezione) che è premessa per non arrendersi alla notte e cambiare le cose. Soprattutto ognuno può prendere spunto dal Magnificat per ricordare che c’è un Dio che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. E perciò benedice chi fa del lavoro uno strumento di santificazione e di crescita per sé, per gli altri e per l’intera società.