Ambiente. L'auto che diventa sostenibile per gli italiani resta un privilegio
I veicoli a basso impatto non si diffondono quanto sarebbe auspicabile per far fronte alla sfida ambientale
Da conquista sociale e simbolo di libertà, a problema nazionale con inquietanti riflessi sociali in prospettiva. È questa la parabola discendente dell’automobile, alle prese con una transizione difficilissima verso l’elettrico ma anche con un paradosso di fondo. Oggi infatti gli italiani si muovono in auto più di quanto facevano prima della pandemia, ma crisi economica, sfiducia, aumento dei prezzi e dilatazione dei tempi nelle consegne hanno determinato il fatto che il mercato degli acquisti sia praticamente fermo e il parco circolante continui a invecchiare, con riflessi preoccupanti sulla sicurezza e le emissioni nocive. Il ritorno degli incentivi appena varato sulle vetture a zero e a basse emissioni di CO2, secondo il parere di tutti gli analisti di settore, potrà rianimare le immatricolazioni ma certamente non sanare un sistema drogato dall’illusione elettrica che avrebbe già dovuto far svoltare la mobilità verso abitudini più sostenibili.
Mentre oggi a Strasburgo il Parlamento Europeo vota la proposta contenuta nel piano 'Fit for 55' volta a fermare la vendita di tutti i motori endotermici entro il 2035, in Italia la penetrazione delle vetture a batteria cresce, ma solo se e quando è supportata dai bonus statali, e quasi esclusivamente nelle città del Nord Italia e nel comparto delle flotte aziendali. Sta aumentando così il 'divario di mobilità' tra chi può permettersi le vetture con nuove motorizzazioni e chi invece non può farlo, ed è costretto a restare aggrappato alla propria vecchia auto. Una situazione che sta trasformando la mobilità su quattro ruote (almeno quella 'pulita' e sicura) in un privilegio per pochi.
Lo ha evidenziato anche la ricerca 'La mobilità che non cambia - Un’Italia a due velocità, tra chi abbraccia il nuovo e chi non può ancora permetterselo', condotta da Aniasa, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, e dalla società di consulenza strategica Bain & Company. Lo studio analizza i cambiamenti nelle abitudini di mobilità degli italiani, approfondendo l’andamento della transizione verso la mobilità elettrificata. Per farlo, parte da un dato di fatto: negli ultimi mesi gli italiani sono tornati a utilizzare molto l’auto, circa il 60% in più di quanto facevano prima della pandemia (fino a gennaio 2020), come certifica anche l’App Mappe di Apple. Questa crescita nei flussi di mobilità riflette un fenome- no quasi esclusivamente locale, visto che il livello di turismo internazionale si attesta ancora molto al di sotto dei livelli storici (-50% rispetto al 2019). La ricerca effettuata su 1.000 consumatori conferma ulteriormente questi trend: l’auto personale è il mezzo di trasporto usato più spesso (dal 69% prima del 2020 al 73% del 2021) e gli utenti sono molto più propensi degli anni scorsi a utilizzare il car sharing (dal -54% del 2020, al -16% del 2021 al +2% del 2022) ed i monopattini elettrici (dal -8% del 2021 al +5% del 2022). Alla base di questa ritrovata mobilità c’è anche il ritorno sui luoghi di lavoro: mentre nel 2019 si lavorava da remoto in media solo 0,8 giorni a settimana, il Covid ha portato questo valore a 2,6 nel 2020, per poi riscendere a 2,1 nel 2021 e a soli 1,4 giorni a settimana nel 2022. Praticamente quasi come nel periodo pre-pandemia.
Nonostante la ritrovata mobilità, il mercato automotive è alle prese con la peggior crisi dagli anni Settanta. Se nel 2020 infatti la crisi pandemica aveva già colpito duramente, la carenza di chip e lo scoppio del conflitto in Ucraina – con la conseguente mancanza dei sistemi di cablaggio prodotti sul territorio – hanno continuato a soffiare sul fuoco della crisi. Nel 2021 le immatricolazioni sono scese sotto quota 1,5 milioni di unità, con il 2022 che sta segnando una contrazione del 27% da inizio anno. Il temporaneo arresto del mercato, tuttavia, potrebbe non essere di per sé un problema assoluto, visto che l’Italia ha un indice di motorizzazione tra i più alti al mondo (670 auto ogni 1.000 abitanti, circa 1,5 auto per nucleo familiare). Il vero problema però è il costante invecchiamento del parco circolante passato dal 2000 a oggi da un’età media di 8,8 a 11,5 anni.
La risposta alla necessità di svecchiare la nostra mobilità non può arrivare solo dalle nuove forme di mobilità (ad esempio bike sharing e monopattino), particolarmente diffuse nel contesto metropolitano, dove però è presente oggi solo il 15,5% del parco circolante, e risulta in calo e comunque frutto di un utilizzo occasionale. L’elettrico infatti cresce, ma solo nelle metropoli del Nord Italia e nel mondo flotte. Al Sud, e in generale tra i privati, i consumatori non hanno ancora sposato i nuovi trend della mobilità, che faticano a imporsi nel contesto attuale per il costo ancora molto più elevato delle vetture a batteria rispetto a quelle con motori tradizionali, e per la carenza di impianti di ricarica, ancora geograficamente mal distribuiti e poco presenti nei tratti autostradali.
Le auto full electric (Bev) hanno visto aumentare la propria quota nel 2021, pur restando ancora concentrate nelle grandi città del Nord Italia (5,3% di quota), grazie a profili di consumatore inclini all’innovazione e con buona disponibilità economica: la correlazione tra il reddito pro-capite regionale e la penetrazione di vetture a batteria resta molto evidente. Questo segmento è comunque tutto sommato ancora poco rilevante, con un peso di circa il 4% sul totale 2021 e un calo al 3,3% nel primo trimestre del 2022 (dimezzato nel canale privati, sceso all’1,8%). Un dato dal quale va scontata l’impressionante quota delle auto-immatricolazioni delle Case costruttrici che a gennaio hanno intestato a se stesse attraverso i concessionari il 27% delle vetture vendute (dati Dataforce Italia). Una cifra che dice tutto sulla reale domanda di questa tipologia di vetture da parte del cliente finale, a conferma che la corsa all’auto elettrica con il contemporaneo repentino abbandono delle moderne ed ecologiche motorizzazioni endotermiche, rimarrà pura teoria senza forti sostegni all’acquisto, che sono sempre e comunque a carico dei contribuenti.
Anche i costruttori si stanno rendendo conto di questo cortocircuito. Secondo Uwe Hochgeschurtz, ex amministratore delegato di Opel e nuovo Chief operating officer Europe del gruppo Stellantis, «tutto dipende dalle scelte governative. È chiaro che nel contesto attuale sia indispensabile una politica di incentivazione stabile al mercato, altrimenti una fascia significativa di popolazione, che usa la macchina per andare al lavoro ogni giorno, non sarà più in grado di comprarsi un’automobile, finendo esclusa dal fondamentale diritto alla mobilità. Gli obiettivi fissati dalle autorità europee, richiedendo ai costruttori di investire così massicciamente e in tempi così stretti in energie alternative, fanno sì che i costi di un’auto salgano, in alcuni casi fino al 40-50 per cento in più. È responsabilità dell’Unione e dei singoli Stati spiegare ai propri cittadini, che contribuiscono alla ricchezza e al benessere nazionali, il motivo per cui debbano pagare tanto di più. Servono piani di incentivi strutturali e certi e che garantiscano ai consumatori europei una compensazione realistica».