Opinioni

Taser per le forze di polizia. L'arma che non è arma. Progresso e incognite

Ferdinando Camon sabato 1 settembre 2018

Arriva in dotazione alle forze dell’ordine un’arma che non è un’arma: non vuole uccidere, vuol mettere fuori combattimento. Parlare di quest’arma vuol dire parlare contro il crimine, contro i criminali, che vanno fermati, ma nello stesso tempo contro la pena di morte: non vanno uccisi, vanno soltanto presi, imprigionati e processati. Di recente, il Papa si è pronunciato contro la condanna a morte, definendola «inammissibile in ogni caso».

Commentando il suo pensiero, avevo scritto che le forze dell’ordine possono uccidere, la polizia può uccidere un killer che sta per eliminare cinque ostaggi, ma la magistratura non può pronunciare una condanna a morte, perché la condanna la pronunci su un criminale che hai catturato e tieni in prigione, dunque non può più far del male a nessuno. L’uso delle armi da fuoco per le forze dell’ordine è un male inevitabile, dicevo. Non è più così. Se la pistola d’ordinanza viene sostituita dal taser, questo vale la salvezza di vite umane, dunque è un bene, di chiunque siano quelle vite. Qual è la differenza tra un poliziotto che spara un proiettile con una Beretta calibro 9 e un poliziotto che spara un dardo con il taser? Il primo deve colpire per non essere ucciso, ed è un guaio se colui al quale spara non viene ucciso ma soltanto ferito, perché da ferito è indotto a sparare a sua volta, subito, più colpi che può, e uccidere per salvarsi. Per questo il bilancio degli scontri a fuoco tra poliziotti e criminali vede spesso morti sia da una parte sia dall’altra. Con l’avvento del taser non dovrebbe più essere così. Il taser stordisce, paralizza, ottunde, per un tempo di alcuni secondi, cinque-sei, pochi, ma sufficienti perché tu, poliziotto, possa avvicinarti al bandito, levargli l’arma di mano, mettergli le manette e portarlo via. Quando si scontrano forze criminali e forze dello Stato è sempre una brutta situazione, ma se si risolve senza che nessuno muoia è la soluzione migliore. Purtroppo, che nessuno muoia non è una garanzia, se il bandito ha qualche gracilità può essergli fatale. Per questo è previsto che chi usa il taser chiami subito dopo un’ambulanza.

Il taser è una pistola goffa e vistosa, e spara un dardo, un uncino, che si pianta nella carne del nemico ma resta collegato all’arma che lo ha sparato da un filo metallico sottile, per quel filo arriva una scarica elettrica potente ma breve, in quel tempo breve tramortisce. Dunque il taser è un’arma che rende il nemico inerte, docile e innocuo. In questa settimana lo abbiamo visto usato per la sperimentazione da squadre scelte di polizia. La polizia deve a volte affrontare nemici particolarmente pericolosi perché alterati da droghe: sragionano, sono in delirio, se hanno un coltello in mano la vita tua e di tutti è in pericolo. Il taser li mette ko tenendoti in sicurezza. Non è un’altra pistola, è spesso un’alternativa alla pistola. È già in uso in Francia, Inghilterra, Olanda, adesso noi lo proviamo per tre mesi, poi tireremo le somme. La sua efficacia e convenienza risulterà dai crimini che impedisce e dalle vite che salva. Non è l’equivalente dello spray urticante, perché con lo spray urticante il bandito in azione, se è sotto cocaina, non si placa ma si scatena, e se ha un coltello in mano fa una strage alla cieca. Il taser 'ferma' l’aggressore, lo immobilizza. E per questo che è migliore delle armi, eticamente parlando. Ne parliamo per questo. Il problema è che non abbiamo ancora statistiche, sappiamo che paralizza i nervi ma non siamo sicuri che non paralizzi anche il cuore. La soluzione sta nello scagliare il dardo lontano dal cuore, sulle gambe o sulla schiena. Ma che si parli di un nuovo strumento per difendersi dagli aggressori, studiato per salvare la vita anche agli aggressori, è un nuovo modo per impostare la difesa, e questo modo è migliore del precedente.