Tunisia, patto discutibile. Larghe intese del cinismo
Per comprendere il clima nel Paese sulle politiche migratorie non è sufficiente leggere le dichiarazioni entusiastiche degli esponenti del partito di Giorgia Meloni, che parlano di ritorno trionfale della premier da Tunisi. Né è sufficiente prendere atto delle dichiarazioni dei partner leghisti, per i quali qualsiasi ostacolo posto agli arrivi in Italia è sempre «troppo poco».
Per capire davvero in quale clima culturale strutturale sia caduto il Paese sui migranti, occorre mettere a fuoco anche le reazioni nelle opposizioni. Il silenzio tombale da parte del Pd nelle ore della stipula del memorandum, seguito solo ieri dall’annuncio, da parte dei deputati dem della commissione Esteri, di una risoluzione in cui si chiede genericamente il «ripristino dello stato di diritto» a Tunisi. Mentre le ultime dichiarazioni – critiche ma non definitive - della segretaria Elly Schlein sul “patto” risalgono a venti giorni fa. Semi-silenzio anche da M5s, con il leader Giuseppe Conte che si tiene lontano dal tema e con osservazioni “soft” dei parlamenti delle commissioni parlamentari sulle Politiche Ue, che tra l'altro nelle considerazioni negative infilano pure il fatto che i rimpatri riguarderanno «solo» i tunisini e non i migranti subsahariani.Insomma, il cinismo sui migranti è diventato un asset condiviso.
In Italia come in Europa, d’altra parte. Il “team” che ha condotto il negoziato con Saied è formato dalla popolare Von der Leyen, che in qualità di presidente della Commissione rappresenta tutte le famiglie politiche della maggioranza bruxellese (e dunque anche socialisti, liberali, verdi...), dalla leader conservatrice dell’Europa meridionale, Giorgia Meloni, e dall’olandese Mark Rutte.
Il premier olandese è uno dei massimi esponenti di quella parte settentrionale dell’Unione tradizionalmente restìa alla solidarietà verso i Paesi di approdo ma pronta a mettersi in prima fila se si tratta di bloccare i viaggi della speranza. Larghe intese del cinismo e della realpolitik in Italia. Larghe intese del cinismo e della realpolitik in Europa. E non c’è da sorprendersi: nella filiera dei ministri dell’Interno che si sono alternati nei vari governi italiani di varia estrazione politica negli ultimi 30 anni, quasi tutti hanno mantenuto le “strette” dei predecessori e ne hanno preparate altre per i successori, con una continuità che indica ormai una sorta di “pensiero unico politico” sui migranti. Una continuità nel cinismo vista in abbondanza con la Libia e che, c’è da esserne sicuri, riguarderà anche il dossier tunisino.