«Io seguo la Chiesa» /2. L'annuncio, ossigeno della vita cristiana
La serie «Io seguo la Chiesa» è un excursus sulle radici del Magistero di papa Francesco e della sua missione nel solco della Tradizione. Le analisi di Stefania Falasca si concentrano sulle linee maestre del Concilio Vaticano II che sono state seguite e portate avanti da Papa Francesco nel suo Magistero. (Leggi tutti gli articoli della serie CLICCA QUI)
Perché esiste la Chiesa? A che serve? È rispondendo a queste domande elementari che papa Francesco ha iniziato il suo mandato con una esortazione apostolica, visto che la ragione dell’esistenza della Chiesa è l’annuncio del cuore pulsante del Vangelo agli uomini e alle donne nella realtà di oggi. E la rinnovata missionarietà auspicata dal Concilio che risale alle sorgenti, può avvenire in modo altrettanto elementare: prima con l’incontro, poi con le parole, perché l’annuncio del Vangelo è testimonianza. Non poteva dunque che essere questa la prima delle strade maestre che papa Francesco ha voluto riprendere nel suo Magistero. È la strada maestra che porta al centro dei suoi insegnamenti ma anche al cuore stesso della trasmissione della fede oggi. Una via che – dalla prima esortazione Evangelii gaudium fino alle catechesi papali delle attuali udienze generali dedicate alla riscoperta della «passione per l’evangelizzazione» alle fonti dello «zelo apostolico» – è sempre lì per ricominciare, a indicare ciò che è di vitale importanza, essenziale, ciò che muove e costituisce l’identità stessa della Chiesa. È la vie: la missione, «l’ossigeno della vita cristiana».
L’annuncio del Vangelo infatti «non è un optional o un aspetto marginale», ma «una dimensione vitale, in quanto la Chiesa è nata apostolica e missionaria». La missione, pertanto, così ripete papa Francesco: « È ossigeno per la vita cristiana, che senza di essa si ammala e inaridisce e diventa brutta, brutta». E le cose essenziali per la Chiesa che nasce missionaria ed è chiamata ad essere testimone dell’annuncio della salvezza di Cristo, l’attuale Successore di Pietro le ha sempre riprese, anche al principio dell’ultimo ciclo di catechesi, l’11 gennaio di quest’anno, nuovamente: « Il nostro annuncio comincia oggi, lì dove viviamo. E non comincia cercando di convincere gli altri, convincere no: testimoniando ogni giorno la bellezza dell’Amore che ci ha guardati e ci ha rialzati. E sarà questa bellezza, comunicare questa bellezza a convincere la gente, non noi, lo stesso Signore. Noi siamo quelli che annunciano il Signore, non annunciamo noi stessi, né annunciamo un partito politico, una ideologia». In questa affermazione c’è tutto. Dice cos’è la missione, da quale sorgente scaturisce e qual è la sua dinamica, come va avanti anche oggi. Negli anni del suo magistero pontificio papa Francesco ha pertanto dedicato a questa dimensione vitale della natura ecclesiale dell’opera apostolica l’attenzione maggiore, attingendo in primis alle fonti della Scrittura e suggerendo in ogni occasione che la missione non riguarda addetti ai lavori specializzati, soggetti ecclesiali selezionati, dato che le sue movenze attingono al cuore stesso del Mistero della salvezza e i suoi cammini riguardano la fede della Chiesa nella vicenda storica del mondo. E tre sono i punti chiave continuamente ripresi nel suo magistero in ordine alla missione. I l primo – come ha ripetuto lo scorso 11 maggio ricevendo i membri della Conferenza degli Istituti missionari italiani – «è che la missione anzitutto è un mistero di Grazia. La missione non è opera nostra, ma di Dio; non la facciamo da soli, ma mossi dallo Spirito e docili alla sua azione». Così Francesco ha suggerito ancora una volta a tutta la Chiesa quale è la sorgente viva di ogni opera apostolica. E la sua dinamica. Per il Successore degli apostoli l’esperienza degli apostoli è infatti un paradigma che vale per sempre: « Basta pensare a come le cose negli Atti avvengono gratuitamente, senza forzature… non servono stratagemmi per diventare annunciatori del Vangelo. Basta il battesimo. La missione, la Chiesa in uscita non sono un programma da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da se stessa. La missione è opera Sua».
Secondo: « Non si può evangelizzare senza testimonianza». L’annuncio del Vangelo «è più che una semplice trasmissione dottrinale e morale». Annunciare il Vangelo «è prima di tutto testimonianza dell’incontro personale con Gesù Cristo». Per questo la testimonianza di Cristo è «il primo mezzo dell’evangelizzazione» e «condizione essenziale per la sua efficacia ». Lo ha ripetuto Papa Francesco, nel corso dell’udienza generale del 22 marzo scorso. Nella catechesi ha ripreso ampie e numerose citazioni dell’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi firmata da San Paolo VI l’8 dicembre 1975, testo magisteriale definito da Papa Francesco come la «Magna Carta dell’Evangelizzazione nel mondo contemporaneo…sempre attuale, come se fosse stata scritta ieri».
Spunti e sottolineature della catechesi papale hanno messo in risalto come nel tempo presente appaiano sempre più profetiche le parole con cui Paolo VI, proprio nella Evangelii Nuntiandi, riconosceva che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri», o «se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». La testimonianza – ha proseguito il Vescovo di Roma – comprende anche la «fede professata», e si manifesta soprattutto nel cambiamento che Cristo stesso opera nei suoi testimoni, in coloro che proprio in tale cambiamento rendono testimonianza a Lui. È la fede «che ci trasforma, che trasforma le nostre relazioni, i criteri e i valori che determinano le nostre scelte». Per questo – ha fatto notare il Vescovo di Roma – la testimonianza non si manifesta come “prestazione” esibita dai testimoni, ma rappresenta piuttosto il riflesso di un «cammino di santità» che attinge alla sorgente sacramentale del Battesimo, accade anch’esso come «un dono di Dio» e «richiede di essere accolto e fatto fruttificare per noi e per gli altri». I l terzo punto chiave sul quale ha insistito spesso in questa cornice è che «la missione della Chiesa non è proselitismo».
La missione «non è un affare o un progetto aziendale, né un’organizzazione umanitaria. La comunità dei discepoli di Gesù – ha detto papa Francesco – nasce missionaria, non proselitista », perché «essere missionario, essere apostolico, evangelizzare non è lo stesso di fare proselitismo. È lo Spirito Santo l’autore e non uno sforzo umano di conquista». Anche all’inizio del percorso dell’attuale ciclo di catechesi ha perciò citato ancora una volta l’espressione utilizzata da papa Benedetto XVI il 13 maggio 2007 a Aparecida, nella omelia della Messa inaugurale della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano: « La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione. Non si segue Cristo e tantomeno si diventa suoi annunciatori e del suo Vangelo per una decisione presa a tavolino, per un attivissimo autoindotto, ma per attrazione amorosa. L’attrazione si ritrova nella dinamica di ogni autentica opera apostolica, in ogni autentico atto missionario ». Non dunque come effetto di sforzi e di operazioni cosmetiche per rendere più “accattivante” l’immagine della Chiesa, o acquisire consensi attraverso strategie di marketing. L’attrattiva richiamata da Papa Francesco è una prerogativa dei vivi. È quella che Cristo stesso, il Risorto, può esercitare oggi sui cuori dei suoi apostoli, dei suoi missionari, e anche di chi non lo cerca. E per questo in tutto l’arco della sua predicazione ha messo bene in chiaro l’inganno del proselitismo che distingue i missionari autentici dai reclutatori di adepti che vogliono fare a meno di Cristo.
Per il Vescovo di Roma «c’è proselitismo dovunque c’è l’idea di far crescere la Chiesa facendo a meno dell’attrazione di Cristo e dell’opera dello Spirito, puntando tutto su un qualsiasi tipo di discorso». Quindi, come prima cosa, il proselitismo taglia fuori dalla missione Cristo stesso e lo Spirito Santo, anche quando pretende di parlare e agire in nome di Cristo. « Il proselitismo è sempre violento – perché non sopporta la libertà e la gratuità con cui la fede può trasmettersi per grazia, da persona a persona». Per questo il proselitismo, ricorda il Papa, non è solo quello dei tempi passati, ma ci può essere anche oggi nelle parrocchie, nelle comunità, nei movimenti, nelle congregazioni religiose. L’attrazione invece è un’altra cosa. È il contrario del proselitismo: « È una testimonianza che ci porta a Gesù». In sintesi ciò che papa Francesco indica da più di dieci anni come perennemente vincente è proprio questa dinamica sempre viva della missione, che è quella di «farsi guidare dallo Spirito Santo: che sia Lui a spingerti ad annunciare Cristo. Con la testimonianza, con il martirio di ogni giorno. E se serve, anche con le parole». È ritorno alle sorgenti. È quanto serve per non far svuotare le chiese.