La lettera e verso l'Accordo del 2018. Benedetto e l’amore per la Cina
I vescovi della Repubblica popolare cinese hanno mandato un messaggio a papa Francesco per la morte di Benedetto XVI, e insieme ai loro fedeli hanno pregato specialmente per un Papa che ha avuto un ruolo importante nel cammino verso l’Accordo tra Santa Sede e Cina del 2018. Del pontificato di Joseph Ratzinger, ricco e complesso, scopriamo in queste ore tanti aspetti poco noti o dimenticati, tra cui c’è stato sicuramente un grande amore per la Cina.
Nella Lettera ai cattolici cinesi nel 2007, Benedetto XVI ha scritto di nutrire per il popolo cinese «un vivo apprezzamento e sentimenti di amicizia», «auspicando un accordo» con le autorità di Pechino. La Lettera invitava i cattolici cinesi a mettere da parte le divisioni, a cercare la riconciliazione e l’unità, a uscire dalla clandestinità. Ma per tutto ciò era necessario un accordo con il governo della Repubblica popolare cinese. Alle parole corrisposero i fatti e nei primi anni di quel pontificato si lavorò intensamente per realizzarlo, tanto che Benedetto XVI approvò «il progetto di Accordo sulla nomina dei Vescovi in Cina, che soltanto nel 2018 è stato possibile firmare», come ha sottolineato chiaramente il cardinal Re in una lettera a tutti i cardinali del 26 febbraio 2020. Joseph Ratzinger cominciò a occuparsi di Cina prima di diventare Papa, in particolare mentre era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, quando gli venne sottoposta la questione dei vescovi illegittimi, ordinati cioè senza l’approvazione del Pontefice. Alcuni di questi avevano fatto sapere di soffrire per la separazione da Roma e chiedevano il perdono del Papa. Giovanni Paolo II chiese a Ratzinger un argomentato parere teologico e questi, al termine di una approfondita indagine, riconobbe che, anche se illegittimi, si trattava di vescovi validi e cioè consacrati secondo le norme della Chiesa.
Riconobbe cioè che la separazione tra i cattolici cinesi e Roma era legata solo a particolari circostanze storiche, non aveva una più profonda valenza teologica: nella Cina contemporanea, non ci sono stati né scismi né eresie. Riconosciuti da Giovanni Paolo II, questi vescovi rientrarono nella comunione cattolica e la loro persino sorprendente fedeltà a Roma convinse le autorità cinesi ad abbandonare propositi di “nazionalizza-re” la Chiesa cattolica.
Da allora, Ratzinger ha continuato a interessarsi della Cina, e divenuto Papa incoraggiò il dialogo con le autorità di Pechino. Si giunse così a definire il testo dell’accordo per la nomina di nuovi vescovi, ma Benedetto XVI dopo averlo approvato ne rinviò la firma: nel 2009 monsignor Parolin lasciò Roma e forse qualcuno convinse il Papa ad avanzare altre richieste. Tale rinvio aprì un nuovo conflitto, con altre ordinazioni illegittime e vescovi cinesi scomunicati. È stato uno dei passaggi difficili del pontificato di Ratzinger, insieme al discorso di Ratisbona e al ritiro della scomunica al vescovo negazionista Williamson, che tanti problemi hanno creato nel dialogo rispettivamente con musulmani ed ebrei. Ma Benedetto XVI voleva sinceramente il dialogo con musulmani ed ebrei e nei confronti di entrambi compì poi gesti di apertura e amicizia che lo rilanciarono. Con la Cina non gli riuscì di farlo in tempi altrettanto brevi (anche se ci fu qualche miglioramento nel 2012, prima della fine del pontificato).
In papa Benedetto, tuttavia, non venne mai meno l’ammirazione per il popolo cinese, che si è distinto per «lo splendore della sua millenaria civiltà, con tutta la sua esperienza sapienziale, filosofica, scientifica e artistica» e che negli ultimi tempi si è «proiettato verso il raggiungimento di significative mete di progresso economico-sociale, attirando l'interesse del mondo intero». L’amore verso la Cina conferma che anche l’attenzione di questo Papa non si è rivolta solo all’Europa e all’Occidente, come una certa pubblicistica ha sostenuto, ma anche ad altri popoli e civiltà.
A Hong Kong – e pensando alla Cina – nel 1993 Joseph Ratzinger tenne una importante conferenza sull’importanza non di inculturare semplicemente il Vangelo ma di trasmetterlo attraverso un più profondo dialogo interculturale. Al pari di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI era convinto che, «come durante il primo millennio cristiano la Croce fu piantata in Europa e durante il secondo in America e in Africa, così durante il terzo millennio una grande messe di fede sarà raccolta nel vasto e vitale continente asiatico ». È una delle grandi linee del pontificato di Benedetto XVI che, interrotte da incidenti e ostacoli, sono state poi riprese e rilanciate da papa Francesco.