Il direttore risponde. La vita pubblica esige probità e dedizione
A. A., pensionato
Non so se ovunque sia così, ma conosco anch’io università statali che retribuiscono con 40 euro all’ora di lezione, corsi di 30 ore, ai quali bisogna aggiungere "gratis" il lavoro di preparazione, gli esami e il tempo dedicato a seguire i laureandi. Con la beffa supplementare di ricevere l’importo magari l’anno successivo, e solo dopo aver esaurito gli esami dei frequentanti. Quale passione per il proprio lavoro può provare chi è trattato in questo modo? È uno dei tanti guasti del nostro sistema universitario, oscillante tra rendite baronali e precarietà da accattoni. Non diversamente da ciò che accade in politica, con parlamentari, l’ultimo arrivato dei quali guadagna più del segretario di Stato Usa, e moltissimi amministratori locali con indennità irrisorie, pur a fronte, talvolta, di un grande impegno a servizio della propria comunità. Le ristrettezze che sempre più ci avvincono, a causa della crisi economica, accentuano la percezione di ingiustizia che si accompagna a queste situazioni e a quelle descritte nella sua lettera. Ma ecco che dalla stessa crisi, facendo tesoro delle lezioni ascoltate dal Santo Padre e dal Capo dello Stato, coi messaggi di fine/inizio anno, può innescarsi un processo finalmente virtuoso. La vita pubblica deve riguadagnare decoro e prestigio, non per i privilegi che accumula ed esibisce, ma per la probità e la dedizione da cui è caratterizzata. È questa l’unica via in grado di ripristinare quella solidarietà che non può essere guardata, con benevolenza sentimentale, come l’ingenua generosità dei volontari, ma trama indispensabile per una società coesa ed equa. Davvero Buon Anno!