La vera compassione non è mai scarto
Gentile direttore,
papa Francesco nel ricevere gli Ordini dei medici di Spagna e America Latina ha detto che la compassione «è l’anima stessa della medicina». Eppure, continua Francesco, «nella nostra cultura tecnologica e individualista, la compassione non è sempre ben vista», anzi «non mancano quelli che si nascondono dietro una presunta compassione per giustificare e approvare la morte di un malato». Ha ricordato che l’identità del medico «non si basa solo sulla sua scienza e competenza tecnica, ma soprattutto sulla sua attitudine compassionevole e misericordiosa verso coloro che soffrono nel corpo e nello spirito». Papa Francesco parla spesso di cultura dello «scarto» e ai medici raccomanda di rifiutarla perché essa porta al «trionfo dell’egoismo» come appunto è la falsa compassione.apa Francesco nel ricevere gli Ordini dei medici di Spagna e America Latina ha detto che la compassione «è l’anima stessa della medicina». Eppure, continua Francesco, «nella nostra cultura tecnologica e individualista, la compassione non è sempre ben vista», anzi «non mancano quelli che si nascondono dietro una presunta compassione per giustificare e approvare la morte di un malato». Ha ricordato che l’identità del medico «non si basa solo sulla sua scienza e competenza tecnica, ma soprattutto sulla sua attitudine compassionevole e misericordiosa verso coloro che soffrono nel corpo e nello spirito». Papa Francesco parla spesso di cultura dello «scarto» e ai medici raccomanda di rifiutarla perché essa porta al «trionfo dell’egoismo» come appunto è la falsa compassione.
Gabriele Soliani, Reggio EmiliaBella questa sua sottolineatura, gentile e caro dottor Soliani. E calda, coinvolgente, mobilitante come sempre la parola del Papa lo scorso 9 giugno nell’incontro coi medici di Spagna e d’America Latina. Oltre ai basilari concetti sulla vera compassione – che non può mai diventare gesto di abbandono terapeutico e di «scarto» ai danni dei più malati, degli imperfetti, degli inutili, dei poveri e senza voce – da lei così bene richiamati, papa Francesco in quell’occasione ha rievocato con dolcezza l’immagine di Gesù, il Salvatore di tutti, come Christus medicus. E ha fatto propria la raccomandazione di san Camillo de Lellis a tutti coloro che assistono persone inferme: «Mettete più cuore in queste mani». È il compito che ci riguarda e ci tocca – a lei medico, a me giornalista, a ogni uomo e a ogni donna di buona volontà, soprattutto se s’incammina sulla via che è Cristo – e tanto più in questo nostro tempo di ricercate vertigini al cospetto di sempre nuovi abissi di potere e di disumanità. Francesco ci propone incessantemente di lavorare con umiltà e dedizione, riconoscendoci anche come possibili pazienti, nel grande «ospedale da campo» che le comunità cristiane devono saper allestire per i fratelli e le sorelle più fragili, emarginati, feriti e mortificati. Trovo perciò logico che il Papa abbia anche detto che l’esercizio della medicina «è come un sacerdozio» e abbia concluso sorridendo di sentire di avere, a sua volta, «qualcosa del medico». C’è bisogno di queste consapevolezze e di questa luminosa umiltà per servire e non per servirsi delle arti e delle competenze, dei doni e dei carismi che ci siamo dati, che ci sono consegnati, che ci vengono riconosciuti.