Opinioni

La battaglia contro troppi avvelenamenti. La «Terra dei fuochi» merita verità intere

Antonio Maria Mira domenica 4 dicembre 2016

Le mezze verità sono più insidiose delle bugie. Perché possono indurre in errore anche bravi colleghi. È quanto sta accadendo attorno al dramma della 'Terra dei fuochi'. Perché dramma è, malgrado quanto detto e scritto da alcuni in queste ultime settimane. Il 15 novembre esce la notizia: «Dissequestrati i terreni di Caivano». Tre anni fa, in piena estate, le indagini del Corpo forestale dello Stato avevano accertato la presenza in alcuni terreni di quel Comune di 'rifiuti industriali', bidoni e liquami. Intervenne la magistratura ordinando il sequestro. Il 23 luglio 2013 venne a fare un sopralluogo l’allora ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo. Le immagini di quel giorno la immortalano con il viso seminascosto dalla mascherina che le avevano fatto indossare per evitare di respirare emissioni pericolose.

Era la conferma di quanto denunciavano i cittadini di quella terra ai quali aveva dato voce il parroco don Maurizio Patriciello e di ciò che 'Avvenire' aveva sostenuto con una documentata campagna informativa condotta senza sosta per due lunghi anni, e ancora in corso. Per dare voce e sostenere la speranza di un popolo avvelenato da decenni di scarichi illegali di rifiuti e dai roghi tossici di scarti industriali. Quanto scoperto nell’estate del 2013 dagli uomini del generale Sergio Costa era un’importante prova di questo dramma. Dopo tre anni arriva la notizia che la Procura di Napoli Nord ha disposto il dissequestro di quei terreni. Alcuni giornali e soprattutto alcuni siti hanno titolato: «Dissequestro totale dei terreni.

La 'Terra dei fuochi' non è avvelenata». E subito si sono scatenati i 'negazionisti'. Per loro questo atto sarebbe la dimostrazione che l’avvelenamento della 'Terra dei fuochi' in realtà è una montatura, allarmismo che ha rovinato l’economia locale, e in particolare l’agricoltura. Accuse contro chi ha denunciato e non contro chi ha avvelenato. E accuse, molto gravi, di aver tenuta nascosta la notizia del dissequestro. Posizioni e valutazioni riemerse due giorni fa anche in una seguitissima trasmissione di Radio3 Rai, 'Prima Pagina', attraverso le parole di un pur attento e brillante collega, Carlo Puca. Con due errori. Il primo relativo al fatto che nessun giornale ne avrebbe scritto. Sbagliato. Noi, ma non solo noi, non l’abbiamo affatto ignorata. Ma l’abbiamo raccontata tutta. Il secondo errore è, infatti, quello di commentare solo una parte del fatto. Incappando in una mezza verità, appunto. Che spinge ad accreditare l’idea che tutto sia a posto, mentre non lo è. È vero che la Procura ha dissequestrato, ma solo perché non è stata accertata la responsabilità dei proprietari.

Resta il divieto all’attività agricola perché i veleni in quei terreni ci sono. Piuttosto si tirano le orecchie a Regione e Comune che non sono intervenuti, accampando mancanza di fondi o di competenze. Le parole dei magistrati sono molto chiare, basta saperle e, soprattutto, volerle leggere. Come il collega Pino Ciociola ha scritto su 'Avvenire' del 16 novembre (si veda sotto), la Procura conferma (sono parole del decreto) l’«obbligo di adottare i provvedimenti atti ad assicurare le necessarie operazioni di caratterizzazione, analisi di rischio specifico e bonifica» e «ad evitare che i fondi e le acque irrigue dei pozzi agli stessi asserviti, che sono risultati potenzialmente contaminati, siano destinati medio tempore (nel frattempo, ndr) ad attività agricola e irrigazione a fini agricoli, incompatibili con l’acclarata presenza di sostanze nocive per la salute umana». Cioè «Ddt e suoi metaboliti e piombo, Tetracloroetilene e Tricoloroetano». Altro che notizia nascosta, altro che sconfessione degli allarmi.

Qualcuno è perfino arrivato a dire che don Patriciello e i membri dei comitati «dovrebbero chiedere scusa» per il danno provocato con le denunce. Noi pensiamo che a chiedere scusa debbano essere i responsabili – imprese, amministratori, politici, camorra – che hanno avvelenato questa terra e che continuano a far allungare l’elenco delle morti. A chiedere scusa deve essere un’informazione per troppo tempo silente, accomodante, tranquillizzante. E che ancora oggi si consegna a mezze verità. Nella 'Terra dei fuochi', come ovunque, le persone non sono a metà. Hanno bisogno di vite intere, di verità intere.