Coronavirus. La sola strada per evitare il lockdown
Oggi viaggiamo sul filo del rasoio. Abbiamo fatto molto bene in primavera quando, primo Paese al mondo, siamo stati investiti da un’onda epidemica violenta e letale e abbiamo attuato misure coraggiose mai applicate precedentemente da alcun Paese democratico. La 'chiusura' dell’Italia per due mesi ha rallentato la circolazione del virus (ma non l’ha azzerata!) e ha evitato decine di migliaia di morti, soprattutto nelle Regioni centro-meridionali.
Poi alcuni si sono rilassati troppo. In primis, specie i cittadini di giovane età, dimenticandosi distanza di sicurezza, mascherine, igiene, assembrandosi nelle piazze, sulle spiagge e in locali che non avrebbero mai dovuto riaprire, le discoteche, e che alcuni presidenti di Regione hanno invece autorizzato. Questo anche sull’onda di dichiarazioni tranquillizzanti da parte di personalità mediche e politiche che hanno incoraggiato a ritornare a una normalità impossibile fino a quando non avremo un vaccino o un’efficace terapia specifica. Il Piano Speranza, varato prima dell’estate, con relativi finanziamenti, per rafforzare gli ospedali e la sanità territoriale, ha avuto, come sempre succede in Italia, diversi livelli di implementazione, a seconda della tempestività, dell’efficacia e dell’efficienza delle autorità regionali.
Alcune hanno rafforzato i Covid hospital con assunzioni e tecnologie e hanno organizzato meglio i propri servizi territoriali, altre hanno fatto poco, altre ancora niente. Per sapere quali siano queste ultime basta vedere dove vi siano file bibliche per fare i tamponi, dipartimenti di prevenzione in affanno sul tracciamento, pronto soccorso in cui non sono stati fatti i lavori per differenziare i percorsi infettivi da quelli 'puliti', Covid hospital già al limite della saturazione, malati infettivi in reparti generalistici. E ancora non è arrivata l’influenza… Tutto questo era evitabile? Certamente sì. Possiamo recuperare? Certamente sì. Ma dobbiamo mettere in moto, ancora in emergenza, un meccanismo che saldi comportamenti individuali responsabili ad azioni istituzionali finalmente coerenti su tutto il territorio nazionale e non frammentate e prive di evidenze scientifiche. Per i cittadini ancora una volta la distanza di sicurezza, se non c’è, va fatta rispettare. Le mascherine quando non vengono indossate devono portare a sanzionare i trasgressori.
L’igiene delle mani e degli ambienti va praticata con sistematicità. La vaccinazione antinfluenzale va fatta a partire da questo mese, ci sono 18 milioni di dosi disponibili nelle strutture sanitarie pubbliche. L’app Immuni va scaricata per consentire un pronto tracciamento e isolamento dei soggetti entrati in contatto stretto con persone positive. Per le istituzioni, occorre agire prima e non inseguendo il virus che ormai conosciamo abbastanza bene per anticiparne le mosse senza cercare di stargli dietro fino a quando l’unica misura possibile resta il lockdown, locale o addirittura generalizzato.
Per tutti, in particolare per i media, che hanno un ruolo importantissimo, bisogna cercare di acquisire e divulgare informazioni solo se vengono da persone competenti. Quindi se ho una domanda sulla patogenicità di un virus devo farla a un virologo, se ne ho una sui sintomi e sulle terapie la giro a un clinico, se voglio capire come bloccare un’epidemia e quali decisioni adottare devo interpellare un medico di sanità pubblica - ancora oggi si chiamano igienisti - perché sono coloro che si occupano di non far ammalare le persone con misure di prevenzione sia individuali sia collettive. Da evitare i talk show in cui il confronto, spesso aspro, confonde i cittadini e aumenta la sfiducia nella scienza.
Lo faremo? Sicuramente se entreremo in emergenza daremo ancora una volta il meglio di noi, ma stavolta sarebbe veramente il caso di trarre vantaggio dall’esperienza dei mesi primaverili ed evitare di commettere gli stessi errori. Infine, un richiamo ai comportamenti all’interno delle case, alla base oggi dell’80% dei contagi. Campagne informative martellanti devono aiutare a capire che purtroppo, in questo momento, il più importante gesto d’amore è quello di stare ancora a distanza, soprattutto dalle persone più fragili, perché anziane, perché malate. Il giovane che torna casa dopo aver viaggiato in un mezzo di trasporto affollato o dopo essere stato in un locale della movida senza precauzioni, o anche al lavoro o a scuola, è oggi il principale vettore di infezione se non si lava le mani, non cura l’igiene del proprio vestiario, se non indossa la mascherina, in certi casi, ahimè, anche dentro casa. L’umanità vincerà questa pandemia, come ha sempre fatto anche quando aveva conoscenze e tecnologie molto minori di quelle attuali, ma i prossimi mesi saranno difficili e impegnativi: potremo fare quasi tutto, ma solo in modo responsabile e razionale. Altrimenti anche in Italia rivedremo i lockdown che già altri Paesi (Israele, Francia, Spagna, Regno Unito…) stanno attuando in questi giorni. Se dovremo farlo sarà una sconfitta per tutti: lavoriamo insieme per evitarlo.