La «scandalosa» proposta sulla 194 e la realtà da vedere e da cambiare
Gentile direttore,
la proposta che Lella Golfo ha lanciato dalle pagine di “Avvenire”, «sospendere» l’applicazione della legge 194 per cinque anni, è scandalosa. E, come ben sappiamo, lo scandalo è categoria evangelica. Fa inciampare, costringe a fermarci, cioè a pensare. Per questo le scrivo il mio pensiero. Proprio in questi giorni stavo leggendo il Primo Dossier sui costi di applicazione della 194 nei suoi primi quarant’anni di vita. Abbiamo speso 5 miliardi di euro e pare che ancora nel 2021 il 13% delle interruzioni di gravidanza rimangano clandestine. Quel che più colpisce, a ogni modo, è che il numero degli aborti è in seria diminuzione da anni. L’ultimo anno censito, il 2018, riporta 76mila concepiti mai nati. Più o meno sono 152mila italiani direttamente coinvolti, un uomo e una donna, all’incirca, senza troppo considerare qualche maschio introvabile, in fuga dopo l’atto. Lo “scandalo” della provocazione a me pare potrebbe sfociare in una domanda seria: dato che non siamo più nell’epoca delle acute battaglie ideologiche, saremmo in grado, come Paese, di parlare con calma con queste 76mila coppie? Con calma e senza condannare.
La calma sembra la pecora nera del nostro tempo. Senza condanna non vuol dire però senza serietà, preoccupazione, passione. Oltre ad annunciare alla coppia che la legge è sospesa cosa dovremmo poter annunciare? Ci sarebbe tutto un lavoro da fare sulla mentalità e la cultura corrente secondo la quale o il figlio è mio o non è di nessuno. Si potrebbe dire che il bambino verrà facilmente e immediatamente adottato e che questa è cosa nobile e buona, non è atto di madre indegna. Qualcuno dovrebbe farci una fiction, un film, sulla grandezza della scelta di portare a termine una gravidanza e, poi, dopo aver donato la vita, donare il figlio. Bisognerebbe saper dire con chiarezza che lo Stato aiuta con quel che c’è da fare per accogliere un bambino, magari senza promesse di inutile assistenzialismo a vita. Bisognerebbe che anche le parrocchie ne parlassero, che dicessero che i primi a sconsigliare la nascita saranno i nonni, che non sono sempre carini come nelle pubblicità. Come nel film Piuma, di Rohan Johnson, che consiglio. Bisognerebbe non farla facile, perché avere un figlio non voluto, pensato, cercato, non è cosa facile.
Aggiungerei che tutta la politica dovrebbe trovare ragioni per sostenere la “sospensione”. La sinistra, un po’ fissata ormai coi diritti di tutti, potrebbe finalmente appoggiare il diritto a continuare la gravidanza a cielo aperto di un essere umano già esistente. La destra, che parla spesso di patria, potrebbe tornare a spiegare che l’Italia ha bisogno di bambini. Di tutti i bambini, anche di quelli che nascono da genitori non italiani e che vanno aiutati con un buon ius culturae.
A me pare quella di Lella Golfo una provocazione gravida di possibili riflessioni, non di sterili polemiche di parte. Il tempo della ripresa dovrà coincidere anche con quello della ripresa della fantasia e della creatività. Generare idee e bambini son cose che si assomigliano. Grazie
Riccardo Mensuali Sacerdote, autore di “Leggero come l’Amore”Grazie, caro don Riccardo. La sua è un’elegante e sostanziosa continuazione del dialogo avviato da Lella Golfo, e non mi meraviglia affatto che provenga da un sacerdote e un (non si offenda...) intellettuale come lei. Spero sempre che ci si ascolti a vicenda e per davvero, cogliendo senso e realtà delle idee che si mettono in circolo e a confronto per incidere sul nostro mondo così pericolosamente incerto e, spesso fuori strada, quando si tratta di accoglienza della vita. Di tutta la vita della vita di tutti, che si tratti della nascita, del tribolato approdo o dello status anagrafico di un essere umano. Ma ho dato un’occhiata – anche sul web – alle reazioni alla «scandalosa » proposta contenuta nella bella lettera della presidente della Fondazione Belisario e ho dovuto constatare che non tutti hanno fatto la fatica di leggere fino in fondo e di capire senso e realtà di quella «laica provocazione» sulla “sospensione” della legge 194. O forse l’hanno compresa nella sua forza sconvolgente (e oggettivamente lo è) di un dibattito che da anni e annorum si sa sempre come ciclicamente s’inizia e come inutilmente prosegue e si conclude. Lo prevedevo. Per questo, sul giornale di ieri, accogliendo con gratitudine e sincero rispetto quella densa riflessioneproposta, avevo scritto che « per diversi motivi (e per una parola o per l’altra)» essa avrebbe fatto «sobbalzare più d’uno». E più d’una. Speravo di essere sorpreso in positivo, lo sono stato appena un po’. Pochino, per ora. Preferisco pensare che si tratti comunque di un inizio, piuttosto che di una conferma della difficoltà estrema di parlare con calma e con serietà, come lei invoca, dell’ostinazione con cui nel nostro Paese non si ragiona (o si sragiona) sulla mancata rimozione delle cause del ricorso all’aborto, tragedia legale, nascosta e seminascosta nell’Italia senza abbastanza figli del XXI secolo. Annoto che forse, e senza forse, alla base del deficit di vita che sperimentiamo e che chiamiamo «inverno demografico » c’è anche questa renitenza a pensare e agire fuori dagli schemi di una troppo lunga sterilità polemica. Neanche io, come Lella Golfo e come lei, mi rassegno.